30.8.06

current 93 - black ships ate the sky



devo consigliare questo disco e lo devo fare ora. perché perdiate il meno tempo possibile tra il momento in cui leggerete queste righe e quello in cui ascolterete la prima traccia.


current93=david tibet, un soggetto a dir poco inquietante ma dal talento immenso, che non conoscevo prima di ascoltare questo ultimo suo disco.


attitudine quasi metal, in realtà ballate gotiche, nebbiose, inni, apocalisse. mi viene in mente il nordeuropa, mi viene in mente un’immagine dark, quasi da setta satanica. e il fascino è proprio che il disco suona al limite tra questo e un folk suonato prevalentemente con chitarra acustica di raro romanticismo e limpidezza.


tutto gira intorno a una serie di “declinazioni” di idumea, una ballata struggente del ‘700, suonata e cantata in diverse versioni da antony, bonnie prince billie, marc almond, e
altri a me meno conosciuti, ma che fanno venire i brividi. gli altri pezzi sono solo del signor tibet, che con una voce da messa spiritica, invoca l’uccisione di cesare, e la comparsa di pecore nere che inghiottono il cielo, in una sorta di apocalisse moderna.

il miglior disco degli ultimi mesi, non perdetevelo, è solo un consiglio.

recensione pitchfork

recensione ondarock

current93

super homem - o regresso


è qualche giorno che sento che amici vari non andranno a vedere superman – il ritorno. motivi: fa tristezza; sarà un’americanata (luogo comune…..!); non c’è christopher reeve… io l’ho visto. in una giornata noiosa passata in giro per lisbona, a cercare formaggi puzzolenti nel più grande corte inglès della storia dei corte inglès.

(corte inglès: per chi non lo sapesse, la più grande catena di grandi magazzini spagnoli. a lisbona, come ultimo segno della dominazione della spagna sul portogallo, o forse come nuovo segno di un nuovo tipo di dominazione della spagna sul portogallo, è stato costruito il più grande corte inglès della catena. un tempio dei non-luoghi, una cattedrale globalizzata di 7 piani sopra a terra e 2 sotto. a partire da –2: parcheggio, poi fermata della metro appositamente costruita con l’ingresso/uscita al corte inglès; alimentari, enorme, all’americana – tra l’altro centinaia di prodotti tipici portoghesi, tra cui il formaggio puzzolente di cui sopra, il queijo serra de estrela, che consiglio, jamon de puerco iberico di ogni tipo, morbido, stagionato dolce, cinghiale, poi naturalmente bacalhau surgelato e salato, alcune decine di tipi di porto ecc…-
angolo dei gourmet, con vini e porto tra i più pregiati – una bottiglia di porto vintage del 1884 a €2.200- dal ruby al tawny – dedicherò un post al porto - ; sette fast food di vario tipo, tranne macdonald’s, perché tutti portoghesi; sette sale cinematografiche con gli schermi più grandi d’europa. A salire: moda donna, moda uomo formale, casual, bambini, arredamento, letti, divani, elettronica, 4 o 5 caffetterie sparse nei vari piani, ristorante con vista su lisbona, roof garden. Ci sono stato un giorno intero…)

dopo aver trovato il dannato formaggio e aver passato una buona ora con il commesso dell’angolo gourmet per scegliermi una bottiglia di porto che fosse buona ma che non levasse il sangue dalle vene (alla fine ho optato per un ottimo tawny invecchiato 20 anni in botti di legno, cosa che fa perdere al porto il suo colore rubino – ruby – per renderlo ambrato, dolce e adatto alle degustazioni di formaggio, noci, frutta secca…), mi sono imbattuto nelle sale cinematografiche e non ho resistito: dovevo immediatamente vedere superman – il ritorno (che in portogallo si chiama Super-homem – o regresso). in inglese sottotitolato in portoghese.


in sala, siamo io e un bambino che peserà cento chili. e basta. certo, sono le 4 del pomeriggio…

entriamo nel vivo.


sinceramente capisco poco questo pregiudizio per cui amici della mia età (30/31 anni) che sono cresciuti con l’immagine di superman e lois lane interpretati dal mitico christopher reeve e margot kidder, un grande marlon brando che fa jor-el, un entusiasmante lex lutor recitato da gene hackman, non sono curiosi di vedere che ne fa un regista contemporaneo, con effetti speciali moderni. certo, anche io sono entrato dentro la sala (ghiacciata) del cinema con della spocchia. come spesso mi capita…


comunque, i primi 40 minuti di superman-il ritorno sono straordinari. il ritorno di superman da krypton, l’incontro con la madre – madonna, l’incontro con lois lane – maria maddalena, sono commoventi. così come è strepitoso il ritorno di superman sulla piazza di metropolis, una NYC senza twin towers di cui si percepisce forte il disagio. clark kent è meno credibile. non voglio raccontare la trama. gli accostamenti della mamma e di lois lane con figure dei vangeli non sono casuali, perché il resto del film è centrato su un tesi di fondo che è: in questi tempi bui, c’è bisogno di un superman – cristo che salvi l’umanità? ora, questo di per sé non sarebbe un problema; il problema nasce quando subentra il fatto che la sceneggiatura è mediocre, e quindi tende a filosofeggiare in maniera gratuita, con una trama che si sviluppa in maniera banale. possiamo quindi dire che il film parte molto bene e finisce molto male, attraversando, nelle 2 ore che dura, tutte le gradazioni tra i due estremi in ordine cronologico dalla migliore alla peggiore di esse. alcune immagini sono molto bello, e vedere superman che svolazza con gli effetti speciali digitali, è molto piacevole. concedo anche che non perde mai la vena fumettistica, e questo è un notevole pregio. come dire, la storia non mi ha soddisfatto, però lo vorrei rivedere, per cogliere qualcosa in più, se c’è.

sono uscito dal cinema e, pensando al film, mi sono mangiato 4 pasteis

(pasteis=minitartine di sfoglia sottilissima, tipo millefoglie, ripiene di una crema dolce, serviti tiepidi, solo 2 pasticceri al mondo sanno farli come devono essere fatti, uno dei quali è nella pasticceria “pasteis de belem” appunto a belem, che è praticamente lisbona).

29.8.06

Qi Xing Tang Lang Quan



è vero, ho aperto un blog e non ci scrivo mai.

comunque, scordammoce 'o passato, e i napoletani non mi bastonino, ci hanno già buttato fuori dalla coppa italia, che, dopo la promozione in A, era il massimo obiettivo della juve.

ieri notte vagavo per la rete e ho pensato che voglio ricominciare a fare kung fu. sono andato sul sito della mia vecchia scuola e ho trovato un link al blog di un ragazzo mio coetaneo, manfredi, che è aiuto istruttore di tang lang, lo stile della mantide religiosa. girandoci dentro ho trovato una interessante discussione intorno al kung fu, ai Maestri, alla Via...la discussione è partita da lì, ma si capiva che le potenzialità erano quelle di andare a coinvolgere temi ben più importanti, così sono andato a scrivere un commento che poi, purtroppo dopo averlo pubblicato, mi sono reso conto essere bello delirante. però mi sono divertito a scriverlo. ed era divertente la discussione.

www.manfredimente.it

sta di fatto che i temi dal particolare del kung fu, tendono a diventare universali e quindi interessanti per tutti:

- tradizione vs. modernità
- scienza vs. religione (ma sarà vera questa contrapposizione?)
- i Maestri
- la Natura

robe pese, insomma. mi piacerebbe riproporre qui quello che ho scritto, sebbene delirante, e se mai qualcuno ci passerà per caso, avere dei commenti. Ecco:


Caro Manfredi,

(...)

Mi sono ritrovato a navigare nel sito della scuola per capire se avrei potuto riavvicinarmi, a settembre, guardando orari e giorni, e poi improvvisamente sono finito sul tuo blog, e poi in questa discussione, appassionante, anche per me che sono meno coinvolto di tutti voi.
Per questo mi è venuta voglia di scrivere due righe, e te le mando.
Mi pare di avere colto due o tre questioni nella vostra discussione che si potrebbero riassumere così:

- ci possono essere differenze di interpretazione tra chi ricerca nella Via la massima efficienza (in che senso?) e le radici/la tradizione
- la ricerca di un Maestro è sostanziale nella pratica del kung fu (come in altre “discipline”?)
- Scienza vs. religione: tema dalla difficoltà incredibile, e anche la Natura….

Mi sento perso in una selva oscura a dover dare delle impressioni su dei temi leggibili su così tanti livelli, ma d’altronde non mi ha obbligato nessuno e a me va di scrivere.

Parto da una considerazione che coinvolge tutti e tre i punti, che è la seguente: la discussione si è indirizzata in una zona rocciosa in cui è facile perdersi o cadere perché si parte da un assunto di base secondo me limitativo: che il kung fu, così come la Natura, la scienza, la religione sia al 100% racchiudibile in una sistematizzazione razionale di un certo numero di tecniche (o regole, o funzioni matematiche) che portano alla sanità del corpo, all’efficacia nel combattimento, alla perfezione estetica dei movimenti, a un fine prestabilito.

Non si considera invece che potrebbe essere che il kung fu, prima di arrivare a una razionalizzazione/sistematizzazione che porta, appunto, ad un fine ben preciso, cioè, ad esempio, l’efficacia (perfezione?) fisica ed estetica, parta da una base diversa: la ricerca. E la ricerca, “il ricercare”, caratteristica che rende l’uomo diverso dall’animale, non è solo un’attività razionale e non ha sempre un fine specifico. Il kung fu può essere visto come il tentativo, sempre ad esempio, di ricercare una sanità fisica e psichica, prendendo spunto dall’immagine degli animali (mantide religiosa, tigre, ecc..), per divenire più “umana” quando si perde nelle trame della ricerca in sé, e diviene ricerca personale di “qualcosa” che ciascuno interpreta a suo modo.

Mi spiego meglio: è proprio detto che ci sia bisogno di dare una ragione e di “scientificizzare” una ricerca? Per di più come quella del kung fu? La scienza progredisce grazie alla ricerca scientifica, ma le grandi scoperte, le grandi invenzioni, vengono fuori da “intuizioni”, da ricerche che sicuramente hanno una base di norme e regole, ma poi vanno al di là di esse, utilizzando l’immaginazione, la fantasia. La religione perde il suo connotato “umano” quando San Tommaso la razionalizza e sistematizza racchiudendola in una serie di dogmi e regole che ne esaltano la funzione di gestione del potere, ma le fanno perdere quella funzione naturale che è la ricerca lasciami dire “irrazionale” (inconscia?) di una spiegazione della vita, della morte e della grandi questioni umane.

E il kung fu? Non è forse una ricerca di qualcosa di molto personale? Può essere questa ricerca unita anche, ad esempio, all’efficacia, all’estetica? Secondo me si. Mi è piaciuta molto una frase che ha scritto Paolo: “La pratica del kung fu offre una prospettiva alternativa: la ricerca dell’efficacia nell’arco della vita”; io leverei la parola “efficacia”, per rendere la frase più generale, anzi più universale. Ognuno può metterci la sua, di parola.

Allora a cosa serve il Maestro? Secondo me a costruire delle basi, a indirizzare la tua identità, a rafforzare la tua consapevolezza, ma il Maestro, secondo me, non può (non deve) stritolare l’identità individuale. In teatro, dove io lavoro, il regista, il Maestro vecchia maniera (Luca Ronconi) forza gli attori a muoversi secondo degli schemi ben precisi, con una recitazione studiata e imposta, guadagnando forse in efficacia (mah…) ma sicuramente perdendo in emozione e poesia (che in teatro sono importantissimi, anche al fine di non annoiare). Allora il Maestro forse deve costruire un sistema flessibile nel quale gli allievi possano muoversi liberamente, esprimendo la propria identità e rispettando una base di regole/tecniche. O forse no. Il discorso parte dal kung fu ma coinvolge anche molto altro, e veramente si potrebbe scrivere un libro. Mi rendo conto che le parole mi escono fuori senza pensarci molto, e forse sbaglio, dico banalità, cose scontate….

Ho molti dubbi e poche certezze e forse sono anche noioso (quante volte ho scritto “forse”?)

Devo dire che ho fatto più delle domande che dato delle mie impressioni, e la finisco qui, anche se potrei andare avanti ancora per pagine e pagine. Quello che è certo è che la calamita della palestra mi sta fortemente chiamando, e mi piacerebbe tanto potere ricominciare a praticare.

Nel frattempo, ti mando un saluto.

Massimo