6.12.06

varietà

il lavoro mi investe e non scrivo più sul blog.
dovrei scrivere di notte e ammalarmi di tisi come un buon bohemien che non sono.

non posso.

allora alcuni suggerimenti sparsi a chi ancora qualche volta butta l’occhio su questo blog per vedere come va:

- non andate a vedere l’amico di famiglia di sorrentino, quello delle conseguenze dell’amore; tanto era bello quello, tanto è pretenzioso, effettistico, fastidioso questo; brutto brutto brutto.
- se vi va di esercitare un poco il cervello leggetevi contro ratzinger; è un saggetto anonimo, pubblicato da isbn contro il papa; divertente, intelligente, crudo, reale.
- se vi capita di andare a teatro e vedere la chiusa di connor macpherson con la regia di valerio binasco, fatemi sapere che ne pensate; per me, strepitoso.
- ho finito la prima serie di six feet under e credo di non avere mai visto una serie televisiva meglio scritta di questa. intreccio, dialoghi, temi, mi è piaciuta molto...spero non diano molto spazio alla divagazione frocia perchè mi pare già troppa...


MI SONO ANCHE PERSO 2 PUNTATE DI AMICI.

ragazzi si avvicina natale e l’angoscia cresce. mi piacerebbe, ma non lo farà nessuno, che i miei amici esteri che tornano in italia si facessero sentire. ano e filippo lo faranno perchè abbiamo già la serata programmata, ma gli altri, magari, se anche sul blog mi fanno sapere cosa fanno...

W CASINI!!!

3.11.06

robert lepage


e con novembre è calato il gelo e io mi sono già influenzato. ho un mal di gola che mi fa scoppiare e non riesco a respirare.
anche a roma, sembra di stare in montagna, due giorni fa c’erano 20 gradi, ora la sera si arriva a 0.

nel frattempo il big match di domani si avvicina e nonostante tutto il napoli va temuto, abbiamo già perso quest’estate.

vabè, non volevo parlare di queste cazzate, volevo dire sopratutto a voi che state in giro per il mondo, se capita dalle vostre parti lo spettacolo di un “tizio” che si chiama robert lepage, non lasciatevelo scappare: è una delle cose migliori che si possano vedere in teatro di questi tempi, ma penso anche nel futuro. lo spettacolo ha una drammaturgia scritta da lui stesso, tratta da andersen. lui interpreta 3 personaggi. ma oltre all’interpretazione e al testo, la cosa più stupefacente è l’intrecciarsi del teatro artigianale e tradizionale, con la tecnologia e gli effetti speciali live: un telo con proiezioni digitali, che da l’illusione di essere piatto ma in realtà è profondo; un cane finto, degli alberi che si muovono e le immagini che seguono la vicenda muovendosi.

lepage è canadese. anzi, del quebec. per tutto ciò che riguarda la cultura, dal teatro alla musica e alla danza, il canada sta 20 anni avanti rispetto all’europa, esprimendo una raffinatezza e una ricerca nell’arte che supera di gran lunga anche gli stati uniti.

vorrei vivere a montreal.


ps. scusate la superficialità, ma ho la febbre...

31.10.06

pupa e secchione/2

devo chiedere scusa e ritrattare tutto.

un breve post.

ho visto parte delle ultime 2 puntate e ho un solo commento: GENIALE.

ho riso tantissimo.

non vedo l’ora che arrivi la seconda serie.

27.10.06

finalmente...


...è cominciato amici.

non ne potevo più. i sabato pomeriggio erano tetri, tranne che per quel raggio di sole tra le persiane che arrivava dalle vittorie della juve (5 consecutive).

mi sento sereno e domani sarà una bella giornata.

riflessioni in libertà.

i ragazzi sono ottimi, a parte gli attori che come al solito fanno cagare. il maestro patrick rossi gastaldi dovrà darsi molto da fare quest’anno.

il livello dei cantanti mi sembra buono, le prime polemiche le ho cominciate a sentire sulla danza, in particolare sulle donne. steve non si fida di pamela: non può essere che una ragazza che non ha mai studiato danza abbia una talento naturale così preciso. è finta, solo per le telecamere?

garrison ha già pianto 5/6 volte.

anche molte delle ragazze hanno pianto molto.

la percentuale di ricchioni mi sembra contenuta rispetto all’anno scorso (ne ho individuato solo 1).

la divisione in 2 squadre non mi sembra malvagia anche se ancora non ne ho capito bene il significato.

ci sono già dei leader, e anche delle belle ragazzine.

kareema canta molto bene, un po’ un antonino donna.

la coreografia hip hop di santo, sabato scorso, mi è piaciuta. non mi sta simpatica corinne.

mi piace giulia: povera, indifesa...

sono curioso di vedere le esibizioni di domani, ancora non ho sentito parlare il pubblico parlante (mediaset, per favore, mi chiami a fare il pubblico parlante ad amici???)

il ruolo di maria e chicco è come al solito utilissimo.



ps. l’altra notte ho visto la fine, tipo a mezzanotte e mezza, della finalissima di pupa e secchione: mi devo ricredere, ho riso come un cretino, amo rosy e sala, grande monti.

pp. l’isola senza ceccherini non vale un cazzo.

22.10.06

niccolò ammaniti - come dio comanda


se guardate le classifiche di vendita di libri di questi giorni, scoprirete che al primo posto è balzato immediatamente come new entry il nuovo libro di giorgio faletti, che dopo il drive in ha ritrovato una seconda vita da stephen king all’italiana. poco sotto, il neo premio nobel per la letteratura orhan pamuk, turco. e poi, appena uscito, c’è anche il nuovo libro di niccolò ammaniti, ex esponente di quella corrente anni 90 che fu chiamata gioventù cannibale.

il mondo della cultura internazionale era stato all’inizio di quegli anni “sconvolto” dal successo di pulp fiction di tarantino, e il “fenomeno pulp”, contemporaneamente al “fenomeno grunge” nella musica, aveva saltato la barricata, uscendo dalla dimensione strettamente elitaria e cult per dilagare nel mainstream più popolare.
non mi sono mai piaciute le definizioni categoriche, infatti secondo me il grunge non è mai esistito, sono esistiti grandi musicisti e/o interpreti; non è mai esistito neanche il pulp, in senso stretto, quello del “sangue e merda” di bebo storti a mai dire gol. ma in questo supermercato letterario che siamo, vennero raccolti in un librino di stile libero einaudi una serie di racconti di quella generazione. la letteratura di genere, così come la musica, veniva così sdoganata e il grande pubblico cominciò a leggerne.

niccolò ammaniti era uno dei giovani scrittori promettenti: di lì a poco iniziarono le uscite, prima branchie, poi fango, poi ti prendo e ti porto via. l’ultimo capodanno.

ho adorato ammaniti. mi piaceva quella sua scrittura semplice e poetica, quelle storie bizzarre, che non erano affatto “pulp”, erano storte, storie di bambini difficili, piccoli holden, oppure ragazzi che cercavano delle vie di fuga. una visione nichilista me spensierata, fantasiosa, originale. solo fango aderiva al manifesto pulp in maniera rigida, e infatti non è un capolavoro. ti prendo e ti porto via sono quasi 500 pagine che volano, un vortice di personaggi; è uno di quei pochi libri che, nel finale, mi hanno fatto commuovere (ho conosciuto na perchè mi sarebbe piaciuto coinvolgerlo in un progetto teatrale, ma lui era già pieno di progetti editoriali e cinematografici...mi sono sentito uno sfigato, ma, mentre ci stavamo salutando dopo un’oretta di chiacchere, gli ho detto che alla fine di ti prendo e ti porto via avevo pianto...mi ha fatto un sorriso imbarazzato, mi ha ringraziato e io mi sono sentito una merda...).

poi è arrivato io non ho paura, bellissimo, scarno, profondo, un pugno nello stomaco. salvatores (regista estremamente sopravvalutato) è riuscito a farne il suo miglior film. le vendite. le ristampe. il successo, le traduzioni in 15 lingue. ammaniti è diventato una star.

quindi, ho comprato come dio comanda il giorno in cui è uscito e lo ho sbranato. e non mi è piaciuto.

penserete:”adesso ci dirà che siccome ha venduto troppo si è montato la testa e scrive per il grande pubblico”. vi prego, non pensate che io sia troppo superficiale.

allora: il libro è di 500 pagine. la volontà è quella di tornare alle atmosfere di ti prendo e ti porto via. molti personaggi, molti intrecci. scrittura veloce. molti punti di vista. i temi sono il rapporto padre-figlio, la malattia mentale, la provincia italiana e la sua decadenza, la religione e i suoi danni, tutto giocato con il nichilismo tipico di na e sullo sfondo il degrado morale e umano che ha subito il nostro paese (tutto il mondo?) negli ultimi 15 anni.

libro ambizioso, ricco di spunti. però, superficiale. tutti i temi sono trattati con un linguaggio certamente di impatto e comprensibile, ma di superficie. i personaggi sono raccontati, ma non scavati e scolpiti. la vicenda è interessante, ma scontata. a pagina 200 sai già come va a finire. ci sono tutti i clichè, dal ragazzo sfigato, al pazzo, alle ragazzine di provincia che fanno le fighette. ma non sono approfonditi. sono 500 pagine di una storia ben raccontata. certo non è poco, ma non è nulla di più. anche se l’obiettivo era quello di fare un affresco molto più ampio, simbolico, di un paese che muore nelle pianure della sua provincia devastata, economicamente e socialmente; un’italia in cui il rapporto umano è violento e violentato. il progetto sembra essere quello (troppo) alto di dipingere la realtà del paese, un po’ come uno scrittore della russia dell’800 calato nel 2006. i maestri sono gogol, dostoevski: na ha molto parzialmente l’ironia graffiante del primo, e nulla della profondità di indagine psicologica del secondo. grande visione, poco risultato, purtroppo.
il gioco che na sceglie è difficile e gli riesce solo in parte, una parte troppo piccola rispetto alla mole del libro e al fine che voleva raggiungere. è come se na avesse voluto abbandonare la vena fresca e originale della sua scrittura per buttarsi nel ritratto socio-economico di una generazione, utilizzando una storia mediamente già sentita. andrebbe bene se a fronte di un intreccio complicato ma prevedibile, ci fosse stata una riflessione maggiore sul resto. in realtà il libro si ferma alla narrazione, buona, ottima, di una storia. peccato.

mi spiace pensare e scrivere queste cose. sarà che avevo delle aspettative troppo alte per lui?

12.10.06

onorevole water veltroni


è vero, ho sempre pensato che non avrei voluto parlare di politica in questo blog, ma l’inizio della festa del cinema di roma è un’occasione troppo importante e succulenta per non dire due parole su veltroni e la sua “sindicità”.

diciamolo subito, così chiariamo: veltroni è bravo. è un fine politico, intelligente, lavora molto per roma e ha contribuito a rendere la città appealing, affascinante per il turismo, più di quello che non lo fosse già di suo. parla bene, dice cose sensate, ha un certo charme e si circonda di persone valide. insomma, io, da cittadino, lo voto.

veltroni, sin dall’inizio del suo primo mandato, ha lavorato sulla “cultura” come veicolo fondamentale per ingigantire ulteriormente l’immagine di roma nel mondo. e ha fatto bene.

detto tutto ciò, un memo per veltroni:

1. una lobby di potere di ferro è utile per un periodo, quando poi le persone se ne accorgono, diventa dannosa
2. le strade di roma sono importanti, mettile a posto e spendici qualche soldo, anzichè invitare bryan adams al colosseo
3. la politica culturale di una città non la fa il sindaco in prima persona, insieme alla lobby: il territorio va coinvolto
4. l’immagine non è tutto: perchè ogni tanto non rinunci a una copertina su qualche giornale, scrivi un romanzo strappalacrime in meno, fai una festa in meno e cerchi di essere concreto in un paio di cose, tipo I TAXISTI!?!?!?
5. per un sindaco non devono contare solo gli amici, ma devono contare i cittadini
6. per un politico potente raccogliere sponsor privati a bizzeffe è molto facile; il comune è il produttore esecutivo della festa del cinema, i soldi li hai raccolti da banche e simili, benissimo. come pensi che gli altri che operano nel settore possano avere degli sponsor se le risorse le succhia tutte il sindaco?

veltroni è bravo, soprattutto per sè e per i suoi amici.

11.10.06

bombing for peace is like fucking for virginity


mi sono riproposto di non parlare di politica in questo blog, e non lo farò, se non marginalmente. ma quando ho visto questa foto, geniale, ho pensato che non potevo fare a meno di metterla in qualche modo dentro.

non riesco a darle un senso compiuto all’interno di un post, ma d’altronde mica tutto deve avere un senso. potrei darglielo solo parlando di afghanistan, iraq, nordcorea, ma va contro le regole del blog, che, già che ci siamo, scrivo, anche se in realtà il blog non ha regole e ognuno può scrivere quello che gli pare sennò che blog è; comunque, mettiamola così, scrivo quello che mi piacerebbe e non mi piacerebbe sul MIO blog:

1. gli interisti non devono MAI fare commenti sui post calcistici
2. la politica la teniamo il più possibile fuori, se non per prenderla per il culo (DA SINISTRA); possono esserci dei casi particolari, che decido io in qualità di monarca assoluto; altrimenti andate nel blog di ano
3. mi fa piacere se commentate e mi indicate film, dischi, spettacoli, eventi vari nei commenti, in modo che io possa magari poi decidere di parlarne
4. le critiche sono molto ben accette, se argomentate e FIRMATE
5. i commenti anonimi sono fastidiosissimi: imparate a firmare, non è difficile
6. via mail potete inviarmi quando volete argomenti che vi va che siano trattati
7. il blog, a parte il mio controllo autoritario, è di tutti e quindi mi piacerebbe che diventasse un luogo virtuale in cui chiaccheriamo, cazzeggiamo, litighiamo: lasciate commenti, perchè lo so che leggete i miei sproloqui!
8. il progetto radio 2morrowland non è tramontato, è solo che sono in un periodo di particolare incasinamento: la radio programmerà solo musica, scelta da me...probabilmente da novembre, se ce la faccio
9. questa canzone parla che...questa canzone dice che...bisogna fare la cacca...e bisogna farne parecchia...(chi azzecca la citazione?è facile)
10. kjdhhjkfòrejkfgdòbnglajauiprtiojtnmdhaòkjfh

alla prossima.

10.10.06

pippo delbono - questo buio feroce


lo spettacolo inizia anche bene.

atmosfera algida, bianca incandescente. personaggi marginali che si alternano in scena.

poi si perde il filo del discorso.

ma andiamo con ordine. pippo delbono arriva al suo undicesimo lavoro sotto l’egida di emilia romagna teatro fondazione, dopo aver mietuto successi strepitosi in francia, dove il suo mito è cresciuto a dismisura.
i suoi spettacoli, molto legati all’immagine, al corpo, al movimento, uniscono una tradizione, molto francese per l’appunto, di danza contemporanea e una ormai un lievemente retro di teatro d’avanguardia anni 70.
i temi dell’incomunicabilità, della differenza (sessuale, mentale e altro), della morte, del disagio la fanno da padroni, in ogni suo spettacolo.

una scatola bianca, presa in prestito da molti spettacoli della societas raffaello sanzio, è la scena.
entità fisiche di vario genere passano in quello che sembra un ospedale. la voce inconfondibile di delbono, sussurrata e dolente, ci narra una storia di sofferenza. sacchetti di sangue infetto scendono dalla graticcia.

il susseguirsi di immagini è inizialmente interessante, poi il percorso diventa complicato da seguire e ci si perde in un set di luoghi comuni sull’omosessualità o peggio una caricaturizzazione frocia di cui proprio non se ne può più.

il punto di questi spettacoli così legati alle immagini e alla presenza corporea, e soprattutto ibridi tra teatro puro, performance e danza, è la difficoltà di costruire un senso all’operazione: occorre seguire un percorso drammaturgico, non necessariamente di parola, o no? secondo me si, altrimenti lo spettatore (se interessa qualcosa dello spettatore, naturalmente...) si perde in un vortice di immagini, alcune molto belle e poetiche, ma non sempre comprensibili. io sono anche per la non comprensibilità totale: non mi frega di capire per filo e per segno quello che accade, mi frega delle emozioni che i corpi sul palcoscenico riescono a trasmettere ai corpi in platea...ma in questo caso occorre una grande maestria nella gestione delle immagini e non basta appiccicare, un po’ a caso, sembra, certe volte, una sequenza di avvenimenti.

in aggiunta, parte di quello che vediamo è scopiazzato qua e là: molta raffaello sanzio, un po’ di pina bausch, con una spruzzatina di motus.

insomma, dopo un inizio promettente, lo spettacolo si perde e il forte impatto iniziale viene ridicolizzato da un’omosessualità esagerata e poco interessante.
naturalmente, nel panorama teatrale italiano, è secondo me giusto che il teatro pubblico sostenga un artista come delbono, ma 100 costumi da opera lirica erano proprio necessari per un’operazione come questa?

si esce con l’amaro in bocca per un’occasione perduta e con una domanda: dove vuole andare delbono? forse in francia...

9.10.06

la musica dello spazio


trovo estremamente affascinante che un gruppo di astrofisici si siano messi a ricreare attraverso le onde impercettibili che circolano per l’universo il suono del big bang. certo mi aspettavo qualcosa di più romantico o mistico di un jet in partenza, ma tant’è.

ancora più affascinante è l’idea che alla base di tutte le cose ci sia un suono, una specie di musica che contrattistingue la materia, le radiazioni, le onde…

i pink floyd sono considerati gli inventori della “psichedelia spaziale” (mia definizione inventata), hanno scritto pezzi tipo astronomy domine e hanno più volte dichiarato che il loro concerto definitivo sarà sulla luna.
ma qui è un’altra cosa. a quanto pare dopo la relatività generale di einstein, quella dello spaziotempo curvo, e l’invenzione della meccanica quantistica, quella del principio di indeterminazione ("dio non gioca a dadi..."), l’infinitamente grande e l’infinitamente piccolo sono andati in conflitto; le regole che segue il primo non sono quelle che segue il secondo. quindi, il rompicapo dei fisici degli ultimi, molti anni, è stato quello di trovare una “teoria” che unificasse le regole, una cosiddetta “teoria del tutto” (vedi un grande divulgatore come hawkings).

in un libro divulgativo di qualche anno fa, l’universo elegante di brian greene (einaudi), pareva che la teoria delle superstringhe fosse quella che nel modo più semplice possibile riusciva a raggiungere l’obiettivo di “incasellare” tutto in un unico schema; sebbene questo, dal punto di vista della mia visione personale mi terrorizzi, in realtà dal punto di vista scientifico è accattivante.
l’ipotesi è: ogni singolo atomo, spezzato in parti sempre più microscopiche, si riduce a una specie di minicordino, una stringa per l’appunto, quasi senza dimensione. questa stringa, attraverso la sua vibrazione, diversa per ciascuna cosa, identifica quella determinata materia, onda o radiazione (o altro). quindi, se la vibrazione della stringa emettesse realmente un suono, come si può ipotizzare, vorrebbe dire che alla base di tutto c’è una sorta di musica atomica e/o stellare che permea lo spazio.

(come questa teoria unifichi meccanica quantistica e relatività generale è cosa troppo tecnica per me da spiegare; anche se il punto sta nell’omogeneizzazione dell’approccio alle particelle elementari e alle macrodimensioni spaziali, che inizialmente seguivano leggi fisiche diverse e invece con le stringhe seguono la stessa legge – vedere il libro di brian greene)

ogni cosa ha un suono, prima di avere consistenza, massa, gravità, luce…ogni cosa esprime una musica, ed essa identifica, con la sua struttura di movimento vibratorio, la cosa stessa, e ogni movimento che facciamo lo facciamo in mezzo a una megaorchestra naturale, i cui suoni si sentono e non si sentono.

sentire la musica dello spazio e della materia fa un certo effetto, allora, a parte i pink floyd, vi indico qualche gruppo/cantante per cercare di percepirla meglio:

- man or astroman (spazio)
- archive (spazio)
- sigur ros (spazio)
- mogwai (spazio)
- royksopp (spazio)
- tortoise (spazio)
- june of 44 (spazio)
- matmos (terra)
- the books (terra)
- bjork (solo homogenic – terra)

drizzate le orecchie!

5.10.06

questo secolo oramai alla fine saturo di parassiti senza dignità




mentre impazza la discussione intorno alla finanziaria, ai suv (battuta geniale di taradash: “suvietizziamo il governo”), ai 40.000 euro che segnano il limite della povertà, alla definizione di ceto medio, ai sindaci incazzati per i tagli agli enti locali e a mastella che insieme a di pietro ha rotto i coglioni, oggi parliamo della vera questione italiana del momento, quella che potrebbe cambiare la storia del paese, quella per la quale in italia non si dorme la notte: il fenomeno la pupa e il secchione.


breve riepilogo per gli ignoranti, ovvero coloro che non sanno: sette coppie formate da 7 donzelle belle, fanatiche dello shopping, miss calendari, ex-veline o similia e sette sfigati, nerd, secchioni, esperti di drammaturgia greca, alcuni mai stati baciati, altri vergini. obiettivo: i secchioni devono insegnare la cultura generale alle pupe, le pupe devono insegnare ai secchioni a vestirsi e altre puttanate. puntata serale: prove di abilità sui vari argomenti agli uni e alle altre.

fino qui, tutto secondo i canoni medi della televisione italiana media, pubblica e privata.

però: la trasmissione fa il 20% di share; appaiono articoli sui giornali con alcune delle più importanti firme…allora c’è qualcosa che non va. oppure che va. è fenomeno di costume oppure sublimazione del trash?

edmondo berselli su una pagina (intera, con foto!!!) in cultura di repubblica (!!!!) definisce il reality un “irreality show”, nel senso che è evidentemente tutto finto e comandato da una sceneggiatura scritta (come probabilmente tutti gli altri): allora ci sono le liti, ci sono gli amori, ci sarà molto probabilmente un bella scopata tra una pupa e un secchione.
la faccenda si fa complicata. il punto qual è? non è solo il gusto perverso e trash di vedere della gnocca che gioca con degli sfigati (il mio gusto perverso ad esempio); non è solo il consueto processo di “identificazione” (che paura sta parola…) con quelli sullo schermo…secondo me c’è qualcosa di più.

si tratta di decadenza.

si tratta di medioevo culturale.

si tratta di annullamento della realtà.

si tratta di necessità di staccare il cervello e ucciderlo definitivamente.

c’è qualcosa sotto di più pesante e di più grave, che ancora non riesco a individuare in tutti i suoi contorni. c’è qualcosa che mi sfugge. si tratta di trentenni, di gente della mia età. e la fascia di pubblico è sempre quella. dai trenta in giù. è un problema generazionale di svuotamento di identità e di ricerca di una nuova. ma la ricerca di una identità generazionale con un vuoto culturale di base come si fa? non si fa. e quindi ci si identifica con l’immagine televisiva. banale, ma forse è così.. oppure è semplicemente sadismo popolare che spinge a godere dell’ignoranza altrui e a pensare “ah ma alla fine sono colto rispetto a questi…”. e ancora identificazione. che l’identificazione sia il problema di questo inizio del millennio?
adoro la pseudofilosofia casereccia inventata in casa mia.

adoro vedere la aspirante sosia di paris hilton che scoreggia nel letto con il suo nerd (finto).

adoro che quando vedono una foto di dante dicano che si tratta di un guerriero indiano.

adoro vederle che fanno l’144 sdraiate e insaponate su una macchina. PUPA E SECCHIONE HOT.

ma io non mi identifico. spero. o non troppo. io amo la sublimazione del trash e la osservo come se fosse un acquario pieno di pesci pagliaccio, alghe colorate e coralli in una discarica.

lo so è solo una giustificazione snob. e radical chic.

però, mi ci vedete insaponato su una macchina?

3.10.06

riflessioni anti-interiste


facciamo un piccolo bilancio sull’immagine dell’inter di questi ultimi 6 mesi. e riferimenti alla juve, l’unica che sta pagando duramente per quello che è avvenuto con moggi&co.

l’inter esce fuori “pulita” dalla questione calciopoli o moggiopoli e si candida a baluardo dell’onestà sportiva italiana.

l’interista guido rossi, non solo tifoso, anche ex consigliere di amministrazione, oltre che ex presidente di telecom, allora commisario della figc, strappa dalla maglia bianconera uno scudetto strameritato per cucirlo su quella nerazzurra. i tifosi nerazzuri festeggiano uno scudetto imbarazzante e ri-candidano la squadra a baluardo dell’onestà sportiva italiana.

guido rossi è ora, di nuovo, presidente di telecom, gruppo di telefonia mobile e fissa di proprietà di tonchetti provera, anche nel cda dell’inter.

la juve è in serie b in seguito a uno scandalo di intercettazioni concentrate su moggi, giraudo e qualche designatore arbitrale. le intercettazioni le fa la telecom, quella di tronchetti provera. alcune sono legali e altre sono illegali. quelle per cui la juve va in b sono legali, ordinate dalla procura di napoli.

telecom, quella di tronchetti provera, amico di moratti, presidente dell’inter, fa un casino di intercettazioni illegali. c’è un’inchiesta in corso.

nessuno parla dei passaporti falsi fatti dall’inter per alcuni giocatori, ad esempio recoba.

l’inter in 5 partite raccimola 11 punti e si piazza dietro roma e palermo, nonostante sia la favorita per il campionato di serie a. adriano si incazza per le sostituzioni ma non segna da mesi. ibra fa fatica. crespo si infortuna. il 4-3-3 non va.

mancini, allenatore dell’inter, sempre meno abbronzato e sempre più pallido di domenica in domenica, tira fuori scuse.

la juve ha cambiato completamente dirigenza. errori ne sono stati fatti. tanti. e paghiamo. giustamente.

tavaroli, responsabile della security di telecom, confessa di aver fatto seguire, su ordine dell'inter, de santis, arbitro accusato di favorire la juve.

un tale, bove, dello staff di tavaroli, muore in un misterioso suicidio.

non trascuriamo che l’inter si è presa 2 pappine con il bayern di monaco in champions.

inter-telecom-intercettazioni-guidorossi-pedinamenti-intercettazioniillegali-ombrap2.

lucarelli, ti prego, dedica una puntata di blu notte all’inter! o forse sono talmente degli sfigati che nonostante tutto quell che hanno smosso in questi mesi, nonostanti le centinaia di milioni di euro, i telefoni, i pedinamenti, i passaporti, non riusciranno a vincere il campionato nemmeno quest'anno? io me lo auguro, che arrivino quinti....gli scudetti si vincono sul campo.

2.10.06

torino è la mia città




“Torino è Torino. Non è una città come un'altra" (Giuseppe Culicchia, Torino è casa mia, Laterza, 2005)

torino è la mia città.

non so più in che senso, ma la sento mia, familiare, avvolgente. d’altronde non si cancellano 19 anni di vita, seppur normale e forse noiosa.

il week end torinese che si ripropone un paio di volte l’anno, mi regala sempre qualche emozione nuova, e stavolta è stato particolarmente prodigo.

- incontro con personaggi allucinanti, non perché siano realmente allucinanti, ma perché sono persone che o non vedo da 15 anni, o delle quali non ricordavo l’esistenza.

- finisco in luoghi che sembrano fermi alla fine del liceo.

- l’evoluzione dello zarro è accelerata rispetto al resto d’italia.


primo. cammino per strada e incontro qualcuno. vado a casa di amici e si ripresenta qualcuno. vado in un locale e incontro qualcuno. ma sono 12 anni che non vivo più a torino. eppure, è incredibile, ma è così. e questa volta, in casa di un amico, sono riuscito a ribeccare: un tizio che non vedevo dalla maturità, con cui si era buoni conoscenti; ora è barbuto e sposato, ma in realtà il suo sorriso simpatico e un po’ tontolone è rimasto lo stesso. poi ho beccato una tizia che non conoscevo bene al liceo, simpatica, vive a milano. ma soprattutto ho incontrato uno, di cui io avevo completamente perso la memoria, un tizio che era fidanzato con una mia compagna di classe. mi ha riconosciuto e mi ha dato del lei, ricordandomi che era pure stato a casa mia. non ci ho dormito tutta la notte. sti torinesi…

una breve parentesi sul torinardo ci sta.

[il concetto di torinardo: il torinardo è un torinese. si distingue dagli altri torinesi perché di classe sociale (esistono ancora a torino!) medio alta, molto legato alla città e molto pigro nello spostarsi, poco incline alla socializzazione, molto chiuso in giri di amici che frequenta da quando è piccolo (i vari giri di amici, o club, nel corso del tempo si possono mischiare), si caratterizza anche per un certo provincialismo naif. alcuni torinardi amano il viaggio, nel senso del viaggiare, e si imbarcano in peripezie incredibili, tipo la patagonia a piedi, o la groenlandia con i cani.
la torinarda, femmina del torinardo, oltre alle caratteristiche di cui sopra, è nota per essere l’inventrice e la prima attuatrice nella storia del concetto di “rizzacazzi”, di cui prima o poi parleremo.]

secondo. sarà la confluenza dei tre fiumi, sarà che ero vicino di casa di rol (l’incredibile sensitivo che dipingeva con la mente su tele reali e aveva il dono dell’ubiquità, sul serio), ma mi capita di finire in luoghi fuori dal tempo. i murazzi la sera sono bellissimi. anche di giorno. però la sera, con il monte dei cappuccini sospeso e piazza vittorio illuminata, hanno un fascino simile a quello di praga. anche ora che il “repulisti” operato ai murazzi nella seconda metà degli anni 90 li ha trasformati in luoghi superaffollati, si possono trovare locali geniali. ad esempio, sabato scorso siamo finiti all’ex lega dei furiosi, ex csa storico, dove, quando ero ggiovane, vidi, ad esempio, un concerto dei 99 posse. il fiume supera gli argini facilmente e quella volta c’erano 10cm d’acqua e continuava a saltare la luce. comunque, finiamo in questo posto che si chiama cantieri fluviali. è uno di quei locali che hanno i tavolini fuori sul fiume e dentro musica per ballare. dopo la prima birra (siamo arrivati che era l’1.15), siamo finiti a dimenarci. la cosa fantastica è che dopo un inizio simil-trendy-radical-chic, il dj ha attaccato con una scaletta di musica metà anni 90 geniale; nell’ordine (per la verità un po’ sparso visto che vado a memoria):

· chemical brothers – hey boy hey girl (superstar dj...here we go!) – fine anni 90
· daft punk – around the world
· prodigy – firestarter
· green day – do you have the time...to listen to me whine...about nothing and everything all at once................sometimes i give myself the creeps.........sometimes my mind plays tricks on me........it all keeps addin up....i think i’m cracking up....am i just paranoid...am i just stoned....(come cazzo si intitolava?!?!ah, si, basketcase!))
· giuliano palma&the bluebeaters
· sud sound system
· 99 posse – curre curre guaglio’
· fratelli di soledad – noi siamo con chi lavora non con chi sta al potere ci piaccion malcom x e le pantere nere!!!!!!
· bob marley – iron lion zion – un classico…
· LITFIBA – PROIBITO!!!!!(su questa ho sbarellato…)

ora non me ne vengono in mente altre, edino casomai aiutami tu.
sembrava di essere nel 1992-93, quando si andava a ballare in quel localaccio che era l’area o poco dopo.

terzo. lo zarro torinese è sempre stato piuttosto avanti. uniform e piumino negli anni 90, all’avanguardia sul resto d’italia. ora, 2006, siamo alla moda cyberpunk, una via di mezzo tra mtv, la periferia di bogotà e un dark anni 80. a milano ancora non ho visto gente vestita così. neanche a roma. poi il concetto di branco è molto avanzato; c’è una formazione, che solitamente si muove in linea orizzontale: in mezzo le ragazze, ai lati i ragazzi. alcuni ragazzi sono addetti a prendere per il culo la gente che passa loro accanto. il gruppo si muove con i mezzi pubblici, che sono luogo di bivacco e luogo perfetto di presa per il culo dei passeggeri, ma anche di membri stessi del gruppo (“tuo padre quel cammello…”). in effetti, la presa per il culo ad altissima voce è l’attività preferita del sauro torinese, ma direi che questa caratteristica è piuttosto simile in tutta italia.

la sospensione del tempo a torino è una caratteristica fondante. nonostante le ristrutturazioni, le valorizzazioni, le rivalutazioni di aree, sembra sempre di essere fermi. ed è estremamente rassicurante. contemporaneamente però la città si muove, sottoterra, e si sente da piccoli segni esteriori, che sono però solo la punta di un iceberg, secondo me, che sarebbe interessante scoprire. e questo è estremamente stimolante.

mi piace torino, tornerei a viverci.

"Oltre a essere la mia città, Torino è anche la mia casa. E come ogni casa contiene un ingresso, la stazione di Porta Nuova, una cucina, il mercato di Porta Palazzo, un bagno, il Po, e poi naturalmente il salotto di Piazza San Carlo, e quel terrazzo che è il Parco del Valentino, e il ripostiglio del Balon, e una quantità di altre cose e di altre storie. Aprire questo libro è un po' come entrare in casa nostra. Mia. Vostra." (ibidem)

25.9.06

giuda ballerino!



dylan dog compie vent’anni e questo dimostra che i trentenni come me sono vecchi.

ho comprato il mio primo numero nel luglio 1989: il buio, la storia di mana cerace. quell’estate è stata abbastanza importante. avevo 14 anni e ho dato il mio secondo bacio con la lingua a una ragazza (il primo con sentimento…), una tale paola di roma. era l’estate in cui per la prima volta mi ero staccato dai miei genitori senza piangere, in uno di quei centri sportivi in cui si gioca a tennis e si fa sport di vario genere per 2 settimane. questa paola mi piaceva parecchio, ci siamo sentiti per un po’, sono venuto a roma per trovarla e rivederla ma non si è mai più fatta trovare e non l’ho più rivista…

il numero 43 dell’aprile del 1990, storia di nessuno, “una tiratura da far paura: 185.000 copie!” fu il primo vero traguardo di dylan dog, oltre a ricordarmi che, in IV ginnasio, alla fermata del 18, avevo appena comprato l’albo all’edicola davanti la fermata e insieme ad altri aspettavo su una panchina nel piccolo slargo sabbioso. mi si avvicina uno (ero con altri), tira fuori una siringa e vuole dei soldi; non glieli do e scappo, con stretta la mia copia di dylan dog.

da il buio mi è cominciata una certa passione da fumettaro. nelle bancarelle dei mercatini di vario genere sono riuscito nel giro di un anno a ricostruire gli arretrati, tutti in originale. il mio amico muccio, più fanatico di me, venne a torino a trovarmi, un anno, e lo portai in via saluzzo in un posto di vecchi libri polverosi. si comprò a quattro lire il numero 1 originale, e poi, non ricordo per quale motivo, me lo regalò…pazzo!

mio cugino carlo, più anziano di me di qualche anno, aveva tutta la collezione: mi ricordo di aver passato 2 giorni e 2 notti a leggermi a casa sua a milano tutti gli arretrati che mi mancavano, e a ogni numero che finivo mi saliva la voglia, ma anche la paura. perché i numeri tipo gli uccisori, la zona del crepuscolo, canale 666, facevano paura, sul serio.

insomma, mi è presa una sorta di fanatismo, e sono riuscito a comprarmi anche tutti gli albi giganti, tutti gli speciali (che meraviglia orrore nero…), le storie in coppia con martin mystère, le collezioni estive, gli almanacchi dell’orrore, i numeri speciali usciti su riviste oscene tipo tutto, un numero in croato, uno in polacco e uno in tedesco. ho anche una copia di un libro di tiziano sclavi su dylan, autografata. ho persino visto 2 volte dellamorte dellamore con rupert everett e anna falchi!!!!!

nei primi numeri, nel club dell’orrore, la rubrica di lettere dei lettori, c’erano dei pazzi che facevano gare del tipo archiviare le varie modalità di morte in dylan dog; cifre a caso: 15 da proiettile da pistola, 4 decapitati, 7 impiccati, 13 schiacciati da qualche tipo di automezzo, 8 caduti nel vuoto. catalogavano le donne di dylan e le battute di groucho, e pensavo quanto mi sarebbe piaciuto farlo, ma non mi ci sono mai messo.

da dylan sono poi partito con nathan never, legs weaver, nick raider, magico vento, dampyr, napoleone. poi ho deviato sul fumetto indipendente americano, che ancora mi piace molto, ma questa è un’altra storia…

ora ho smesso. compro solo dylan, per nostalgia.

purtroppo da anni le storie non mi fanno più paura. quell’atmosfera poetica ma anche splatterona, grottesca non la sento quasi più, se non in alcuni rari numeri. c'è troppa voglia di commuovere e troppo poca di spaventare. le battute di groucho sono quasi tutte già sentite, il galeone non lo prova neanche più a costruire, il trillo del diavolo lo suona sempre meno spesso. forse sono cambiato io…ma non credo visto che se vado a rileggermi morgana, golconda! o dal profondo ancora mi piacciono da morire. o forse l’attenzione di sclavi sul suo personaggio è calata drammaticamente. gli sceneggiatori sono bravi ma non al livello, salvo michele medda (l’ho conosciuto e mi sono sentito male…), chiaverotti, e pochi altri che scrivono troppo poco ormai. i disegni sono sempre più o meno belli, anche se mi manca corrado roi.

l’idea del fumetto noir all’italiana, con radici nel cinema horror, ma con una vena surreale ha reso dylan dog un cult vero e proprio, e io gli sono affezionato. mi piacerebbe molto che sclavi lo curasse di più, ha ancora molto da dire.



ps. l’ultimo libro di sclavi, il tornado di valle scuropasso, non è male e si legge in fretta. belle atmosfere di horror fantascientifico, ma anche un viaggio in una mente disturbata…

22.9.06

junior boys - so this is goodbye


oggi consiglio un disco. io ho alcune radici musicali: alcune molto trash, altre più raffinate, altre molto mie, nel senso di personali, e vi spiego fra poco perché.

quelle trash derivano da una mia strana devianza verso lo zarro, ce l’ho sempre avuta e sono sempre rimasto affascinato dalle atmosfere un po’ periferiche della canzone melodica italiana, dalla musica pop ascoltata all’inizio degli anni 90 (ma anche alla fine degli 80): madonna, simple minds, roba dei primi anni di rap tipo derek b, ll cool j, mc ren o i primi beastie boys (fighissimi)….fino ad ora, che ancora amo da morire laura pausini, tiziano ferro e altre cazzate del genere.


quelle raffinate derivano da mio cugino francesco che un giorno, disgustato dalle schifezze di cui sopra, mi regalò una cassetta di una seleçao straordinaria di darkettoni anni 80: dai joy division, a nick cave, dai christian death a siouxsie.


quelle mie personali sono un mix tra i due e forse si possono cronologicamente posporre alle due precedenti. e sono quelle più rock n roll che virano certe volte verso l’indie (ma anche verso l’heavy metal…) ma altre verso l’elettronica di vario genere, dall’avant garde alla micro house. ho avuto momenti di passione travolgente per i depeche mode e per gli iron maiden…


vabbè, questo come background, per dire che sono cresciuto in un mix strano di suoni, e i miei preferiti sono sempre stati quelli più rockettari.


ogni tanto però capita che ti passi tra le mani uno di quei dischi che ti sembrano superficialmente danzerecci. poi li ascolti e li riascolti e…ci ritrovi dentro tutto. questo è il caso di so this is goodbye dei junior boys.


tutte e tre le varie radici di cui sopra le ho ritrovate dentro in pieno (a parte gli iron maiden…): in questo disco c’è attitudine indie, suoni pop, atmosfere darkettone, citazioni depeche mode, e avanguardia e microhouse.
il piedino mi batte piuttosto a tempo quando ascolto sto disco.

non si tratta di un disco nostalgico. si tratta di un disco che guarda al futuro non dimenticando il passato. bello.

21.9.06

l'insensatezza del dolore


“negli esseri umani i reni sono situati nella regione posteriore superiore dell'addome, ai lati della colonna vertebrale, nelle fosse lombari, esternamente al peritoneo che tappezza la cavità addominale.
hanno una forma a fagiolo, con un lunghezza media è 12 cm, la larghezza 6,5 cm e lo spessore 3 cm. il suo peso varia nei due sessi: 150 g nell'uomo, 135 g nella donna. Ogni rene è situato in una loggia, la capsula fibro-adiposa, che contiene anche il surrene, separato dal rene sottostante da un setto connettivale. la parete di questa capsula è costituita da materiale fibroso, distinta in un foglietto anteriore ed un foglietto posteriore, questi si congiungono superiormente, mentre inferiormente rimangono separati prolungandosi nella fossa iliaca e avvolgendo l' uretere fino alla vescica”.

insomma, il rene è una specie di fagiolone che filtra il sangue dalle varie impurità del metabolismo e lo espelle tramite l’urina. ci sono delle schifezze che però il rene non filtra sufficientemente, e allora, attraverso una precipitazione chimica, si formanodelle specie di agglomerati solidi che nidificano nel rene. fin qui tutto bene. quando sti cosetti si muovono accada la colica renale.

dicono che il parto sia tra le cose più dolorose che si possano provare.

dicono che il dolore delle coliche renali sia doloroso quanto un parto.

il primo non potrò mai provarlo, se non in maniera indiretta; il secondo, l’ho provato l’altroieri e garantisco che fa male.

ma soprattutto quello che ti fa andare fuori di testa è che nessuno muore di colica renale. il dolore è simile a quello di una amputazione senza anestesia e l’unica causa è un minuscolo pezzetto di chissachè che si muove dal rene verso la vescica.

ho vomitato 3 volte dal dolore.

mi sto drogando da giorni per non sentire dolore.

almeno dovessi partorire…penso, la partoriente soffre tantissimo ma per un fine ben preciso, un fine piacevole, bello, un bambino…ma il fottuto calcolo renale è un sassolino che rompe le palle e basta.

ci sono alcune cose di cui veramente non si riesce a capire l’utilità in natura: le zanzare, ad esempio. le mosche…i calcoli renali.

questo è solo uno sfogo, perdonate il post.

17.9.06

provo a parlare di calcio...ma non ce la faccio...



è domenica post campionato.

ok. parliamo di calcio.

-13.

la juve ha vinto ieri una partita difficile, in uno stadio nuovo che doveva essere esaurito e non lo era, con un italoargentino fischiato che invece ha regalato grande gioco per il quarto d’ora che è stato in campo, con una difesa a dir poco imbarazzante e un tizio francese di colore la ratio del cui acquisto ancora è incomprensibile. didi una settimana fa, dopo il pareggio a rimini aveva detto “voglio undici leoni”. ho visto la partita. una buona partita per poco meno di un’ora. poi un disastro di condizione fisica e di intesa soprattutto in fase difensiva, con boumsong totalmente fuori, chiellini pure. e marchionni assolutamente deludente. grande cuore di nedved. buon tocco di del piero. primo tempo trascinato da un convinto trezeguet, che speriamo che insieme al capitano ci conduca verso obiettivi raggiungibili anche se difficili.

banale.

vorrei capire perché mi devo ritrovare a urlare disteso sul tappeto di casa per un errore di del piero o di trezeguet.

vorrei che qualcuno mi spiegasse cosa diavolo è che mi ispira tutto questo odio verso quelle squadrette tipo inter milan lazio fiorentina roma.

vorrei che qualcuno mi dicesse perché galliani, inibito da una sentenza sportiva, continua a fare il cazzo che gli pare. e perché il milan è in champions league.

vorrei che mi chiarissero la dinamica per cui guido rossi è passato da ex uomo telecom, poi consigliere d’amministrazione dell’inter, poi commissario della figc, e ora, guarda un po’, di nuovo in telecom, come presidente ( e le intercettazioni telefoniche all’inter?)

pragmatico/incazzato/battagliero => tifoso

javier marias, celebre scrittore tifoso madrileno (tifoso del real, naturalmente), scriveva qualche anno fa che il calcio è fatto di persone “selvagge e sentimentali”. sbagliava. e dovrebbe guardare la sua squadra di mercenari prima di scrivere cazzate del genere.

oggi ci auguriamo tutti che capello sbagli la sua seconda partita, con un raul sempre escluso, cannavaro fuori forma, cassano che non gioca, ronaldo che pensa all’inter.

internazionale.

non so scrivere di calcio in maniera astratta. sono un tifoso. juventino.

we shall overcome.

15.9.06

una nebulosa...



amartya sen ha scritto un libro su multiculturalismo e identità sociale. due parole complicate.

identità: cosa è che rende un popolo tale? cosa ne costituisce le caratteristiche che lo descrivono?

multiculturalismo: è questa una parola che significa “assenza di identità”?

parlare dell’identità di un popolo è una delle cose più difficili per l’uomo, tant’è vero che la faccenda, per molti secoli, è stata liquidata decidendo che l’identità era data dalla religione. cristiani vs. infedeli.

poi la cosa è cambiata e sono cominciate a nascere le (pericolose, almeno nella loro evoluzione finale) identità nazionali.

infine, come se la storia andasse, come dice eco, a passo di gambero, negli ultimi anni siamo ripiombati nella più bieca ricerca di un’identità legata alla religione. cristianesimo vs. islam vs. ebraismo.

questo, secondo me, perché ha cominciato a farsi spazio il multiculturalismo, come se quest’ultimo fosse la negazione dell’identità. e quindi, fa paura. love vs. fear, come l’insegnante fanatica in donnie darko. bene vs. male.

la questione si complica.

e se il multiculturalismo fosse una nuova identità?

e se le identità nazionali, burocratiche e iperregolate, si stessero evolvendo indipendentemente dalla politica partendo da un movimento che nasce dal basso? come se tutto fosse spinto da milioni di microidentità sociali?

tutto questo preambolo di pseudofilosofia sociale spiccia di basso livello è per raccontare una cosa.

abbiamo vissuto in una casa erasmus per circa 2 settimane. cioè casa nostra è diventata una specie di comunità internazionale che ha ospitato gente di diverso genere.

vale ha vissuto con un gruppo di orribili teatranti per 45 giorni.

l’esperienza, la vita insieme, il divertimento comune, talvolta la sofferenza hanno generato un’identità di gruppo fortissima assolutamente indipendente dalla provenienza geografica, culturale o religiosa. certo, erano solo 15. però, dal micro al macro.

come se in realtà l’identità si fosse formata grazie alle relazioni sociali, umane tra loro.

come quando succedeva che al liceo andavi in inghilterra per imparare l’inglese (e scopare – io, combinato quasi nulla, altri, si…) e alla fine del mese in cui stavi a contatto con le stesse persone ti sembrava di lasciare per sempre un tuo parente caro.

forse sono puttanate. e io sono strenuamente contro l’idea di una comune sessantottina in cui vivere.
ma invece mi piace pensare che ci sia una forza micro, che va molto più veloce di quella macro, come se considerassimo la meccanica quantistica e l’astrofisica, come se considerassimo la cosa più piccola che si può immaginare che si muove alla velocità della luce, che forse ha anche un movimento indeterminato, ma che genera energia e si relaziona con tutto quello che le sta attorno. un’evoluzione sociale micro molto più veloce di quella macro, fondata sulle relazioni con le persone. una nebulosa stellare di intrecci relazionali al di fuori del controllo dello stato. una specie di roba anarchica e indeterminata, che spinge da sotto, dalle viscere l’evoluzione umana. d'altronde mi è sempre piaciuto il micro.


beppe grillo (un comico!) dice che noi siamo molto più avanti della politica. è vero.

che minchia di post retorico ho scritto. mi è venuto il diabete. spero non ci siano commenti.


ps. sto lavorando a un nuovo progetto. radio 2morrowland, una radio online gestita da me medesimo. vi terrò aggiornati. (sempre che qualcuno legga ancora).

12.9.06

aqua



la notte bianca di per sé è già un evento insopportabile, quasi paragonabile a capodanno. tutti devono uscire, tutti si devono divertire, tutti devono fare le 8 del mattino. per forza.

a roma la notte bianca assume un connotato che la peggiora ulteriormente, cioè quello della festa de paese tra i monumenti storici: e quindi panini con la salsiccia in via dei fori imperiali, mercatino con perline e collanine al colosseo, la sagra del cinghiale in piazza venezia sarebbe stata la ciliegina sulla torta.

oltretutto, la mia esperienza con la notte bianca è stata sempre piuttosto conflittuale: il primo anno, black out, il secondo anno cazzeggiamento ma niente di che, il terzo anno ginocchio distrutto. quest’anno però la situazione gita scolastica/erasmus che si è venuta a creare nella passata settimana (cosa che mi ha anche impedito di scrivere sul blog, per la gioia di quelli che ogni tanto mi lasciano dei messaggi…) mi ha costretto, oltre che a partecipare, a fingere dell’entusiasmo, a cercare di divertirmi, a fare buon viso a un gioco cattivissimo…ma gli amici europei che accompagnavamo in giro erano, senza retorica, simpatici, quindi alla fine ho ficcato la testa tra un sanpietrino e un altro come uno struzzo metropolitano e ho fatto finta di starci dentro.

ho anche resistito abbastanza, ma la faccenda ha cominciato a farsi insostenibile con l’appropinquarsi del centro storico. dalla periferia al centro le cose peggioravano sempre di più. la quantità di gente diventava seriamente improponibile.

in via dei fori imperiali, i primi segnali che forse era il caso di darsela a gambe: delle enormi giraffe di carta, guidate da specie di clown, con una tizia scosciata che sparava cono botti assurdi, non si è capito perché e un tizio microfonato che urlava. in questa orgia di giraffe ed esplosioni di fuoco, il delirio era paragonabile a un festino di santa rosalia all’ennesima potenza, ma comunque ci si muoveva ancora.

spinti da una microguida alla notte bianca, ci spingiamo verso piazza venezia per vedere lo spettacolo rivelazione dell’anno, un evento irrinunciabile.
sgomitando in mezzo a decine di migliaia di persone raggiungiamo una postazione decente (tra gli altri, walter; domanda: “a sindaco, ce sta un po’ de ggente no?!?!” risposta “eh si…”).

ci ho messo un attimo a capire cosa stavo guardando e sentendo: musica tecno, una cascata d’acqua. dei ballerini palestrati, con pantaloncini di pelle nera, stile gay pride. delle ballerine vestite da zoccole. di pelle. luci colorate. dico. ok. forse adesso succede qualcosa. non succede niente. ballano. sotto l’acqua. coreografia degna di steve lachance. altissimo livello. prese e posizioni. un attore esce fuori. e recita. “acqua e sudore”. che vuol dire? sembra una via di mezzo tra pippo delbono e uno con la barba.dice delle cose assurde. poi di nuovo la tecno. di nuovo gay pride e steve lachance con un pizzico di garrison. ma siete matti? l’evento centrale della notte bianca è sta roba qui?! una pubblicità del badedas malfatta. una trashata che neanche il mio gusto trash più raffinato.... per poi finire con una canzone di de andrè che non c’entrava una minchia con tutto il resto. ma siete matti?!

sono un contribuente romano, dal 29 agosto. voglio sapere quanto vi è costata questa roba.

mi ha dato la mazzata finale e il buon viso si è trasformato in un viso satanico. il concerto di vinicio capossela dalle 6 alle 9 del mattino…vaffanculo, vado a letto.

4.9.06

mr.crocodile hunter



due saluti di fila mi fa fatica farli…ieri quello professionale di agassi, oggi quello definitivo a mr.crocodile hunter.

steve irwin era un tizio vestito da giovane marmotta o piccolo esploratore che imperversava su la7 con documentari allucinanti sull’outback australiano. allucinanti perché il soggetto si trovava faccia a faccia (a mani nude) con coccodrilli, serpenti dal veleno mortale, squali. il bello era che non gli capitava per caso, se li andava proprio a cercare.

due esempi:

1. alla ricerca del cobra sputatore (mi perdonino i biologi ma proprio non mi ricordo il nome tecnico), il pazzo girava per giungle e/o deserti, trovava il serpente e a mani nude se lo prendeva in mano facendosi sputare veleno addosso.

2. occorre spostare un coccodrillo da una zona a un’altra di un parco naturale.
(i coccodrilli tra l’altro usano una piacevolissima tecnica di caccia: beccano la preda, la rendono innocua a forza di dentate, la trascinano nel fiume o nel lago e, prima di mangiarsela, la lasciano frollare per giorni).
steve escogita un piano geniale, semplicissimo e mortale nella sua semplicità che prevede: a) lui naturalmente da solo e a mani nude immobilizza il coccodrillo b)una squadra di collaboratori si lancia poi insieme con lui sopra alla belva e lo lega definitivamente.
naturalmente il lucertolone non è proprio contentissimo e incazzato si mette a smandibolare con i suoi 3000 denti in faccia a mr.crocodile hunter. ho pensato che se lo sarebbe mangiato in diretta (non era in diretta), veramente..

io comprendo l’ambientalismo e comprendo anche l’amore per gli animali, oltre al fascino del rischio, che non ti pone problemi etici e morali: io ad armi pari con una belva carnivora o velenosa. la sua idea era proprio questa, senza trucchi, mettersi alla pari con le specie più pericolose della natura, confrontarsi con loro. ma la cosa che più colpiva era il suo inspiegabile entusiasmo nel raccontare quanto era bello questo o quel mostro, mentre un black mamba cercava di morderlo in faccia o un coccodrillo cercava di farsi un panino con la sua gamba. li amava quegli animali e mentre armeggiava con loro cercando di tenerli bada (e rischiando la vita ogni volta) guardava la telecamera, e diceva quanto erano belli e violenti. un entusiasmo folle che superava ogni tipo di ragione. così come folle fu il gesto di andare a dare da mangiare alla sua coccodrillina di 14 metri con in braccio il figlio di 6 mesi…

come si può immaginare, questa follia perversa mi affascinava moltissimo. ho pensato che si facesse di cocaina, ma a quanto pare sbagliavo.

ok. nessun problema etico. non voglio fare il solito politically incorrect, però, steve, dopo aver affrontato mocassini occidentali (non scarpe, serpenti), cobra sputatori, caimani e coccodrilli, squali tigre, possibile che ti sia fatto pungere da una cazzo di manta, tra l’altro neanche mortale in tutti i casi, ma solo se colpisce qualche organo vitale? almeno una lotta con un boa constrictor me la aspettavo: “caduto durante una eroica battaglia con un serpente di 15 metri”. invece un animale sfigatissimo…

riposa in pace, pazzo, e non farti fottere dai serpenti neanche lassù, la mela, non te la mangiare, è velenosa!

ciao andreino



ho comprato il mio primo e unico completo da tennista quando andreino aveva circa vent’anni (e io 15): rigorosamente nike, era composto da una maglietta bianca con colletto con un disegno che tagliava il davanti in diagonale, con una fantasia rosa fosforescente su base nera che sfumava, e da un paio di pantaloncini di tessuto jeans grigio con attaccati sotto dei fuseaux sempre rosa fosforescente. ero piuttosto ridicolo, ma mi sentivo forte, e mi divertivo.

avevo discretamente rotto le palle per farmi comprare la donnay gialla e blu che usava lui. lillo, il mio maestro, me la accordò e ricordo che all’inizio non riuscivo a fare niente: era un racchettone enorme, adatto a chi affettava top spin da fondocampo come faceva lui. io stavo imparando allora cosa fosse un top spin e sfruttavo il 25% delle potenzialità di quella racchetta.

mi piaceva, andreino, con quella sua pettinatura selvaggia da rod stewart. lo richiamavano per come si vestiva, a wimbledon i rigidi inglesi gli imposero di mollare il suo abbigliamento sgargiante per un sobrio bianco.

adoravo quel suo modo di piantarsi ben dentro il campo, e di muoversi con quelle gambine agili di qua e di là come un furetto.
il suo dritto anomalo (dritto anomalo= per un destro come lui, si tratta di colpire un dritto essendo nella parte sinistra della propria metà campo e indirizzarlo, con traiettoria e angolazione difficilissima, a uscire nella diagonale a destra) è forse il colpo più originale e forte che avesse.
la sua risposta al servizio, posizionato dentro al campo vicinissimo alla linea di demarcazione, gli permetteva di anticipare l’avversario e di colpirlo in contropiede. il rovescio bimane angolatissimo era pericoloso.
inesistente a rete e nel servizio per i primi anni della sua carriera, ha fatto passi da giganti riuscendo a vincere un wimbledon nel 92.

dico la verità: non era il mio preferito; io adoravo edberg prima. però, nei suoi mille duelli con quel genio di pietrino sampras, tifavo per lui, perché più istintuale, meno perfetto, meno razionale. sicuramente meno elegante di pietrino, ma più scavezzacollo, più simpatico. le telecronache dei duelli tenute dal duo tommasi-clerici mi mancano….”circoletti rossi” à go go…

poi quella relazione con brooke shields.

non ricordo quando ha cominciato a rasarsi a zero, forse proprio dopo che brooke lo lascia. a quel punto per un po’ si rincoglionisce, non gioca e non vince più niente. quando sembrava sparito, ritorna alla grande, si sposa con la graf, che, diosanto, andreino, è proprio un cesso. però vince, ancora, molto.

oggi perde contro un nuovo becker agli us open e chiude la sua carriera a 36 anni. io ne ho ora 31, il completo nero, grigio e fucsia non lo uso più da tempo, e neanche la racchetta. ho delle gambe di legno e quando gioco mi fa male il ginocchio che mi hanno operato. andreino, hai avuto una grande resistenza.

ciao andreino, ti mando un applauso virtuale, mi mancherai.

3.9.06

maria de filippi - una vergine tra i morti viventi




in attesa del vero ritorno di maria sugli schermi con la nuova edizione di amici (al secondo posto nelle attese televisive della stagione dopo l’inizio del campionato di serie b), ci godiamo questo unanimous, un format importato dagli usa, dove naturalmente ha avuto uno strepitoso successo.

raffinato reality psicologico (sic!), si svolge in un bunker sotterraneo dove sono rinchiusi 9 personaggi che devono decidere all’unanimità per l’appunto a chi di loro regalare il milione e mezzo di euro messo in palio da dudi berlusconi.

dilemma del prigioniero: “due criminali vengono accusati di aver compiuto una rapina. gli investigatori li chiudono in due celle diverse impedendo loro di comunicare. a ognuno di loro vengono date due scelte: confessare l'accaduto, oppure non confessare. viene inoltre spiegato loro che:


a) se solo uno dei due confessa, chi ha confessato evita la pena; l'altro viene però condannato a 7 anni di carcere.


b) se entrambi confessano, vengono entrambi condannati a 6 anni.


c) se nessuno dei due confessa, entrambi vengono condannati a 1 anno” (da wikipedia)


ora, a quanto pare, contro ogni logica apparente, a queste condizioni l’equilibrio si raggiunge se entrambi confessano, mentre invece se viene considerato il “bene comune” (cioè la somma degli anni di carcere rischiati, con l’obiettivo di minimizzarli) l’equilibrio si raggiunge se entrambi non confessano.


in unanimous vale tutto, anche raccontare bugie, per convincere gli altri a decidere di regalare a uno il premio. l’equilibrio si raggiunge se uno promette agli altri che il premio sarà equamente suddiviso tra tutti i concorrenti. in questo modo, nessuno raggiunge l’optimum, ma tutti subiscono danno minore, cioè tutti portano a casa un po’ di soldi di dudi (che alla fine fa anche piacere) piuttosto che niente.

quello che vince però può fotterli dopo, tenendosi tutto il bottino e rimangiandosi la parola data. si può fare?

un bel giochino sulla razionalità delle azioni umane, molto usato nella facoltà di economia.


anche, un bel giochino sulla miseria umana.

ancora una volta maria ci regala uno show in cui la specie umana deve dare il peggio di sé per vincere. nella sua perversione, mi sembra meraviglioso e geniale.


sono curioso di vedere i nuovi concorrenti di amici, e devo dire che steve, garrison, luca, il maestro patrik rossi gastaldi, grazia, il maestro vessicchio, ma soprattutto chicco, mi mancano da morire.


a quando il primo show sui down che vogliono diventare ballerini?

ps il mio amico ANO ha un blog, di cui vi lascio il link, anche se parla solo di politica...

1.9.06

valentino ti amo, non mi spezzare il cuore


uno dei miei idoli è david foster wallace. ho passato l’estate in mezzo ai suoi libri ed è come se non riuscissi a staccarmene. ma non voglio parlare di questo, dfw necessita di un post a sé, che prima o poi gli dedicherò, con calma.

però, nella sua ultima raccolta di saggi, considera l’aragosta, c’è la recensione di un libro, l’autobiografia di tracy austin, tennista strepitosa che alla fine degli anni ’70 divenne un mito perché, giovane e gracile, vinceva qualunque torneo a cui partecipasse. dfw, appassionato di tennis (vedi anche la sua raccolta tennis, trigonometria, tornado e altre cose divertenti che non farò mai più) e tennista dilettante, parla con amore di TA, ma stronca l’autobiografia come un libro banale; ma di più, non si spiega come mai una persona con una storia di vita personale così avvincente sia riuscita a partorire un libro, molto probabilmente comunque non scritto da lei, di così totale piattezza e superficialità.
una delle spiegazioni che dfw si dà è che noi fan abbiamo delle aspettative troppo elevate, dovute alla iconizzazione degli idoli, e alla proiezione su di loro di come vorremmo essere noi (semplifico un ragionamento di una decina di pagine, in pieno stile dfw, ma siamo su un blog, e non posso dilungarmi troppo...forse prima o poi lo farò...)


ho comprato l' autobiografia di valentino rossi. d’altronde lo amo.

purtroppo non sono riuscito a finirla e questa cosa mi ha distrutto.


non ho letto quella della austin, e credo che in realtà quella di VR sia migliore, non nella scrittura in senso stretto, che è semplice fino quasi alla grammatica primitiva dei bambini delle elementari, soggetto verbo complemento, ma quantomeno perché racconta le prime esperienze in moto quando aveva 14 anni, le prime gare in piccoli circoli di tavullia, i primi incontri con i mostri sacri del motociclismo, mick doohan in primis…

poi però:

“mia madre mi ha sempre seguito fin dalle prime corse…al telefono mi dice sempre di fare il bravo”

“mare o montagna, per me non cambia molto se ho gli amici giusti e mi diverto”

“mio padre graziano mi ha aiutato molto fin dagli inizi della carriera, e anche oggi spesso mi dà ottimi consigli”


“il mio lavoro mi porta in giro per il mondo, dandomi l’opportunità di vedere bellissime città”

“amo londra. ho apprezzato da subito l’atmosfera di una città veramente multietnica”

e dulcis in fundo


“steve mcqueen era uno spirito ribelle, proprio come me” (aaaaarghhh)

“chi ha detto che bisogna essere seri quando si lavora? si deve ridere e scherzare. la vita è decisamente migliore se la si prende con filosofia” (nooooooooooooooo!!)

“non mi piace l’abbigliamento formale, preferisco vestire casual si addice molto di più al mio carattere e al mio stile” (…vale, e sticazzi..?!?!)

e poi il non-plus-ultra


“sono italiano, il che significa che amo il sole e ho un buon rapporto con il mare” (no, vale, questo no, cristo….)

mi chiedo: ma perché un uomo, un ragazzo che è più simile a dio o a un extraterrestre quando guida la moto, è un genio della comunicazione, ha imposto un’immagine di sé strepitosa, lontana dalle telecamere e dal gossip estivo, ma popolare, simpatica, immediata, mi chiedo, perché deve permettersi di scrivere delle cazzate di questo livello? poteva approfondire i suoi rapporti con gli altri motociclisti, con la moto, i casini con la
honda…

io lo amo lo stesso, per questo non ho finito di leggere il libro.

ti prego vale, non scrivere MAI più.

30.8.06

current 93 - black ships ate the sky



devo consigliare questo disco e lo devo fare ora. perché perdiate il meno tempo possibile tra il momento in cui leggerete queste righe e quello in cui ascolterete la prima traccia.


current93=david tibet, un soggetto a dir poco inquietante ma dal talento immenso, che non conoscevo prima di ascoltare questo ultimo suo disco.


attitudine quasi metal, in realtà ballate gotiche, nebbiose, inni, apocalisse. mi viene in mente il nordeuropa, mi viene in mente un’immagine dark, quasi da setta satanica. e il fascino è proprio che il disco suona al limite tra questo e un folk suonato prevalentemente con chitarra acustica di raro romanticismo e limpidezza.


tutto gira intorno a una serie di “declinazioni” di idumea, una ballata struggente del ‘700, suonata e cantata in diverse versioni da antony, bonnie prince billie, marc almond, e
altri a me meno conosciuti, ma che fanno venire i brividi. gli altri pezzi sono solo del signor tibet, che con una voce da messa spiritica, invoca l’uccisione di cesare, e la comparsa di pecore nere che inghiottono il cielo, in una sorta di apocalisse moderna.

il miglior disco degli ultimi mesi, non perdetevelo, è solo un consiglio.

recensione pitchfork

recensione ondarock

current93

super homem - o regresso


è qualche giorno che sento che amici vari non andranno a vedere superman – il ritorno. motivi: fa tristezza; sarà un’americanata (luogo comune…..!); non c’è christopher reeve… io l’ho visto. in una giornata noiosa passata in giro per lisbona, a cercare formaggi puzzolenti nel più grande corte inglès della storia dei corte inglès.

(corte inglès: per chi non lo sapesse, la più grande catena di grandi magazzini spagnoli. a lisbona, come ultimo segno della dominazione della spagna sul portogallo, o forse come nuovo segno di un nuovo tipo di dominazione della spagna sul portogallo, è stato costruito il più grande corte inglès della catena. un tempio dei non-luoghi, una cattedrale globalizzata di 7 piani sopra a terra e 2 sotto. a partire da –2: parcheggio, poi fermata della metro appositamente costruita con l’ingresso/uscita al corte inglès; alimentari, enorme, all’americana – tra l’altro centinaia di prodotti tipici portoghesi, tra cui il formaggio puzzolente di cui sopra, il queijo serra de estrela, che consiglio, jamon de puerco iberico di ogni tipo, morbido, stagionato dolce, cinghiale, poi naturalmente bacalhau surgelato e salato, alcune decine di tipi di porto ecc…-
angolo dei gourmet, con vini e porto tra i più pregiati – una bottiglia di porto vintage del 1884 a €2.200- dal ruby al tawny – dedicherò un post al porto - ; sette fast food di vario tipo, tranne macdonald’s, perché tutti portoghesi; sette sale cinematografiche con gli schermi più grandi d’europa. A salire: moda donna, moda uomo formale, casual, bambini, arredamento, letti, divani, elettronica, 4 o 5 caffetterie sparse nei vari piani, ristorante con vista su lisbona, roof garden. Ci sono stato un giorno intero…)

dopo aver trovato il dannato formaggio e aver passato una buona ora con il commesso dell’angolo gourmet per scegliermi una bottiglia di porto che fosse buona ma che non levasse il sangue dalle vene (alla fine ho optato per un ottimo tawny invecchiato 20 anni in botti di legno, cosa che fa perdere al porto il suo colore rubino – ruby – per renderlo ambrato, dolce e adatto alle degustazioni di formaggio, noci, frutta secca…), mi sono imbattuto nelle sale cinematografiche e non ho resistito: dovevo immediatamente vedere superman – il ritorno (che in portogallo si chiama Super-homem – o regresso). in inglese sottotitolato in portoghese.


in sala, siamo io e un bambino che peserà cento chili. e basta. certo, sono le 4 del pomeriggio…

entriamo nel vivo.


sinceramente capisco poco questo pregiudizio per cui amici della mia età (30/31 anni) che sono cresciuti con l’immagine di superman e lois lane interpretati dal mitico christopher reeve e margot kidder, un grande marlon brando che fa jor-el, un entusiasmante lex lutor recitato da gene hackman, non sono curiosi di vedere che ne fa un regista contemporaneo, con effetti speciali moderni. certo, anche io sono entrato dentro la sala (ghiacciata) del cinema con della spocchia. come spesso mi capita…


comunque, i primi 40 minuti di superman-il ritorno sono straordinari. il ritorno di superman da krypton, l’incontro con la madre – madonna, l’incontro con lois lane – maria maddalena, sono commoventi. così come è strepitoso il ritorno di superman sulla piazza di metropolis, una NYC senza twin towers di cui si percepisce forte il disagio. clark kent è meno credibile. non voglio raccontare la trama. gli accostamenti della mamma e di lois lane con figure dei vangeli non sono casuali, perché il resto del film è centrato su un tesi di fondo che è: in questi tempi bui, c’è bisogno di un superman – cristo che salvi l’umanità? ora, questo di per sé non sarebbe un problema; il problema nasce quando subentra il fatto che la sceneggiatura è mediocre, e quindi tende a filosofeggiare in maniera gratuita, con una trama che si sviluppa in maniera banale. possiamo quindi dire che il film parte molto bene e finisce molto male, attraversando, nelle 2 ore che dura, tutte le gradazioni tra i due estremi in ordine cronologico dalla migliore alla peggiore di esse. alcune immagini sono molto bello, e vedere superman che svolazza con gli effetti speciali digitali, è molto piacevole. concedo anche che non perde mai la vena fumettistica, e questo è un notevole pregio. come dire, la storia non mi ha soddisfatto, però lo vorrei rivedere, per cogliere qualcosa in più, se c’è.

sono uscito dal cinema e, pensando al film, mi sono mangiato 4 pasteis

(pasteis=minitartine di sfoglia sottilissima, tipo millefoglie, ripiene di una crema dolce, serviti tiepidi, solo 2 pasticceri al mondo sanno farli come devono essere fatti, uno dei quali è nella pasticceria “pasteis de belem” appunto a belem, che è praticamente lisbona).

29.8.06

Qi Xing Tang Lang Quan



è vero, ho aperto un blog e non ci scrivo mai.

comunque, scordammoce 'o passato, e i napoletani non mi bastonino, ci hanno già buttato fuori dalla coppa italia, che, dopo la promozione in A, era il massimo obiettivo della juve.

ieri notte vagavo per la rete e ho pensato che voglio ricominciare a fare kung fu. sono andato sul sito della mia vecchia scuola e ho trovato un link al blog di un ragazzo mio coetaneo, manfredi, che è aiuto istruttore di tang lang, lo stile della mantide religiosa. girandoci dentro ho trovato una interessante discussione intorno al kung fu, ai Maestri, alla Via...la discussione è partita da lì, ma si capiva che le potenzialità erano quelle di andare a coinvolgere temi ben più importanti, così sono andato a scrivere un commento che poi, purtroppo dopo averlo pubblicato, mi sono reso conto essere bello delirante. però mi sono divertito a scriverlo. ed era divertente la discussione.

www.manfredimente.it

sta di fatto che i temi dal particolare del kung fu, tendono a diventare universali e quindi interessanti per tutti:

- tradizione vs. modernità
- scienza vs. religione (ma sarà vera questa contrapposizione?)
- i Maestri
- la Natura

robe pese, insomma. mi piacerebbe riproporre qui quello che ho scritto, sebbene delirante, e se mai qualcuno ci passerà per caso, avere dei commenti. Ecco:


Caro Manfredi,

(...)

Mi sono ritrovato a navigare nel sito della scuola per capire se avrei potuto riavvicinarmi, a settembre, guardando orari e giorni, e poi improvvisamente sono finito sul tuo blog, e poi in questa discussione, appassionante, anche per me che sono meno coinvolto di tutti voi.
Per questo mi è venuta voglia di scrivere due righe, e te le mando.
Mi pare di avere colto due o tre questioni nella vostra discussione che si potrebbero riassumere così:

- ci possono essere differenze di interpretazione tra chi ricerca nella Via la massima efficienza (in che senso?) e le radici/la tradizione
- la ricerca di un Maestro è sostanziale nella pratica del kung fu (come in altre “discipline”?)
- Scienza vs. religione: tema dalla difficoltà incredibile, e anche la Natura….

Mi sento perso in una selva oscura a dover dare delle impressioni su dei temi leggibili su così tanti livelli, ma d’altronde non mi ha obbligato nessuno e a me va di scrivere.

Parto da una considerazione che coinvolge tutti e tre i punti, che è la seguente: la discussione si è indirizzata in una zona rocciosa in cui è facile perdersi o cadere perché si parte da un assunto di base secondo me limitativo: che il kung fu, così come la Natura, la scienza, la religione sia al 100% racchiudibile in una sistematizzazione razionale di un certo numero di tecniche (o regole, o funzioni matematiche) che portano alla sanità del corpo, all’efficacia nel combattimento, alla perfezione estetica dei movimenti, a un fine prestabilito.

Non si considera invece che potrebbe essere che il kung fu, prima di arrivare a una razionalizzazione/sistematizzazione che porta, appunto, ad un fine ben preciso, cioè, ad esempio, l’efficacia (perfezione?) fisica ed estetica, parta da una base diversa: la ricerca. E la ricerca, “il ricercare”, caratteristica che rende l’uomo diverso dall’animale, non è solo un’attività razionale e non ha sempre un fine specifico. Il kung fu può essere visto come il tentativo, sempre ad esempio, di ricercare una sanità fisica e psichica, prendendo spunto dall’immagine degli animali (mantide religiosa, tigre, ecc..), per divenire più “umana” quando si perde nelle trame della ricerca in sé, e diviene ricerca personale di “qualcosa” che ciascuno interpreta a suo modo.

Mi spiego meglio: è proprio detto che ci sia bisogno di dare una ragione e di “scientificizzare” una ricerca? Per di più come quella del kung fu? La scienza progredisce grazie alla ricerca scientifica, ma le grandi scoperte, le grandi invenzioni, vengono fuori da “intuizioni”, da ricerche che sicuramente hanno una base di norme e regole, ma poi vanno al di là di esse, utilizzando l’immaginazione, la fantasia. La religione perde il suo connotato “umano” quando San Tommaso la razionalizza e sistematizza racchiudendola in una serie di dogmi e regole che ne esaltano la funzione di gestione del potere, ma le fanno perdere quella funzione naturale che è la ricerca lasciami dire “irrazionale” (inconscia?) di una spiegazione della vita, della morte e della grandi questioni umane.

E il kung fu? Non è forse una ricerca di qualcosa di molto personale? Può essere questa ricerca unita anche, ad esempio, all’efficacia, all’estetica? Secondo me si. Mi è piaciuta molto una frase che ha scritto Paolo: “La pratica del kung fu offre una prospettiva alternativa: la ricerca dell’efficacia nell’arco della vita”; io leverei la parola “efficacia”, per rendere la frase più generale, anzi più universale. Ognuno può metterci la sua, di parola.

Allora a cosa serve il Maestro? Secondo me a costruire delle basi, a indirizzare la tua identità, a rafforzare la tua consapevolezza, ma il Maestro, secondo me, non può (non deve) stritolare l’identità individuale. In teatro, dove io lavoro, il regista, il Maestro vecchia maniera (Luca Ronconi) forza gli attori a muoversi secondo degli schemi ben precisi, con una recitazione studiata e imposta, guadagnando forse in efficacia (mah…) ma sicuramente perdendo in emozione e poesia (che in teatro sono importantissimi, anche al fine di non annoiare). Allora il Maestro forse deve costruire un sistema flessibile nel quale gli allievi possano muoversi liberamente, esprimendo la propria identità e rispettando una base di regole/tecniche. O forse no. Il discorso parte dal kung fu ma coinvolge anche molto altro, e veramente si potrebbe scrivere un libro. Mi rendo conto che le parole mi escono fuori senza pensarci molto, e forse sbaglio, dico banalità, cose scontate….

Ho molti dubbi e poche certezze e forse sono anche noioso (quante volte ho scritto “forse”?)

Devo dire che ho fatto più delle domande che dato delle mie impressioni, e la finisco qui, anche se potrei andare avanti ancora per pagine e pagine. Quello che è certo è che la calamita della palestra mi sta fortemente chiamando, e mi piacerebbe tanto potere ricominciare a praticare.

Nel frattempo, ti mando un saluto.

Massimo

4.1.06

una prova?

ok. funziona.
il titolo non c'entra nulla con l'immagine. mi piace.
questo blog non ha obiettivi.

teoria. prassi. azione.