gran torino
primo pensiero quando qualche mese fa ho letto che sarebbe uscito un film del vecchio nonno clint dal titolo gran torino: minchia, un film sulla strage di superga??
poi, mi hanno spiegato che si trattava di una macchina.
nonno clint, questa volta, la fa veramente grossa: scrive, interpreta, dirige e canta (!!) il suo testamento al cinema.
prende in giro se stesso, l'ispettore callaghan, i duri del cinema, gli spaghetti western, la cultura americana dominante.
per tre quarti del film, si ride, di gusto.
come sempre, molti piani di lettura che dimostrano come ce sia ormai un maestro del cinema mondiale, forse il più bravo in circolazione.
ora però, come mi è già capitato per changeling, mi tocca dire di nuovo: la chiesa. la religione permea ancora una volta il film. la redenzione. la purificazione attraverso la sofferenza (o la morte).
anche in questo film.
anche se si ride e si irride il simbolo del potere religioso (un prete giovane e democratico...), alla fine il tema della "salvezza" (salvation) ritorna dalla finestra. la necessità di ce di trovare un senso al proprio passato, alla propria storia, alla storia del popolo americano, lo porta dritto dritto nelle braccia di dio e della religione.
certo, il passato degli stati uniti non è che sia dei migliori. però, è proprio necessario ribadire continuamente il concetto: "dobbiamo redimerci"? non sarebbe meglio semplicemente cambiare piuttosto che soffrire o morire?
tutto ciò vale non solo in termini assoluti e universali. ma anche nel cinema. le icone di "eroi americani" guerriglieri, giustizieri, supereroi che pervadono tutta la cultura americana dalla sua fondazione, viene derisa da ce, che ne smaschera le debolezze, gli aspetti comici, ma anche quelli teneri. grande lavoro sul linguaggio, sullo slang, sulla cultura della "parolaccia" o dell'insulto all'americana.
detto questo, il film è strepitoso. dopo avere riso per molta parte del film, si piange come fontane. ho pianto dentro al cinema, fuori dal cinema e a casa, quando sono arrivato.
non perdetevelo.
poi, mi hanno spiegato che si trattava di una macchina.
nonno clint, questa volta, la fa veramente grossa: scrive, interpreta, dirige e canta (!!) il suo testamento al cinema.
prende in giro se stesso, l'ispettore callaghan, i duri del cinema, gli spaghetti western, la cultura americana dominante.
per tre quarti del film, si ride, di gusto.
come sempre, molti piani di lettura che dimostrano come ce sia ormai un maestro del cinema mondiale, forse il più bravo in circolazione.
ora però, come mi è già capitato per changeling, mi tocca dire di nuovo: la chiesa. la religione permea ancora una volta il film. la redenzione. la purificazione attraverso la sofferenza (o la morte).
anche in questo film.
anche se si ride e si irride il simbolo del potere religioso (un prete giovane e democratico...), alla fine il tema della "salvezza" (salvation) ritorna dalla finestra. la necessità di ce di trovare un senso al proprio passato, alla propria storia, alla storia del popolo americano, lo porta dritto dritto nelle braccia di dio e della religione.
certo, il passato degli stati uniti non è che sia dei migliori. però, è proprio necessario ribadire continuamente il concetto: "dobbiamo redimerci"? non sarebbe meglio semplicemente cambiare piuttosto che soffrire o morire?
tutto ciò vale non solo in termini assoluti e universali. ma anche nel cinema. le icone di "eroi americani" guerriglieri, giustizieri, supereroi che pervadono tutta la cultura americana dalla sua fondazione, viene derisa da ce, che ne smaschera le debolezze, gli aspetti comici, ma anche quelli teneri. grande lavoro sul linguaggio, sullo slang, sulla cultura della "parolaccia" o dell'insulto all'americana.
detto questo, il film è strepitoso. dopo avere riso per molta parte del film, si piange come fontane. ho pianto dentro al cinema, fuori dal cinema e a casa, quando sono arrivato.
non perdetevelo.