sigur ros live@cavea dell'auditorium, roma
qualche anno fa i sigur ros suonarono alla cavea dell'auditorium e il biglietto costava 16 euro. questa volta ne costa 60.
questo dà la misura di quanto sia cresciuta la popolarità di questo gruppo di alieni islandesi, che dopo il tour mondiale fatto per lo scorso album, fecero un tour in islanda nelle casette, all'aperto, nelle sale di incontro dei villaggi islandesi di non più di 1000 abitanti, quando si parla di metropoli. ne uscì un dvd, ma ne ho già parlato.
se i radiohead sono i migliori in circolazione, i sigur ros, secondo me, sono al secondo posto.
si presentano al pubblico romano vestiti come dei matti, e già questo mi ha un po' stupito. ma come, loro, così sobri, così semplici, così naturali, si conciano uno con una corona in testa, l'altro con un vestito degno di michael jackson quando ancora i pezzi di corpo gli stavano tutti attaccati?
invece poi ho capito. il concerto è diventato anche uno show. di luci, di colori, di costumi. i ragazzi sprovveduti e alieni che avevo visto sono maturati, e portano un concerto complesso, molto arrangiato, pieno di effetti straordinari.
i 4 si presentano subito con agaetis birnun, tanto così per farci piangere 6 minuti. poi arrivano le mitiche amina, che però non sono vestite da quartetto d'archi alternativo come l'altra volta, ma sono vestite come 4 bambine, con vestiti colorati e sbarazzini. il concerto prosegue, pezzi coinvolgenti come glosoli fanno accapponare la pelle, e poi spunta la banda! una banda di fiati, anche questi conciati come i drughi di arancia meccanica.
c'è molto kubrik nell'impianto scenico dello show. c'è molta emozione nei pezzi dei sigur ros, che tra chitarre suonate con l'arco, percusioni, suoni, archi, trombe e tromboni, sono diventati veri e propri compositori. dai momenti più toccanti, fino alla evoluzione che li porta, con questo ultimo disco, che presentano nel concerto, a distaccarsi sempre più dai loro suoni classici e alieni, per inserirsi nella linea indie rock in maniera molto personale e originale. momenti alla animal collective, per terminare con il crescendo alla mogwai in cui i nostri, peraltro polistrumentisti, tutti suonano tutto, compreso lo xilophono, si lasciano andare quasi al noise...
un'esperienza. anche l'altra volta lo fu, ma solo musicale. questa volta, la musica è accompagnata da un insieme colorato che tocca i sensi e fa avvicinare di più, se è possibile, alla sensibilità artistica di questi 4 folletti del nord, che ci raccontano storie, come i bambini, in una lingua sconosciuta, che sa di acqua, aria, terra e fuoco.
questo dà la misura di quanto sia cresciuta la popolarità di questo gruppo di alieni islandesi, che dopo il tour mondiale fatto per lo scorso album, fecero un tour in islanda nelle casette, all'aperto, nelle sale di incontro dei villaggi islandesi di non più di 1000 abitanti, quando si parla di metropoli. ne uscì un dvd, ma ne ho già parlato.
se i radiohead sono i migliori in circolazione, i sigur ros, secondo me, sono al secondo posto.
si presentano al pubblico romano vestiti come dei matti, e già questo mi ha un po' stupito. ma come, loro, così sobri, così semplici, così naturali, si conciano uno con una corona in testa, l'altro con un vestito degno di michael jackson quando ancora i pezzi di corpo gli stavano tutti attaccati?
invece poi ho capito. il concerto è diventato anche uno show. di luci, di colori, di costumi. i ragazzi sprovveduti e alieni che avevo visto sono maturati, e portano un concerto complesso, molto arrangiato, pieno di effetti straordinari.
i 4 si presentano subito con agaetis birnun, tanto così per farci piangere 6 minuti. poi arrivano le mitiche amina, che però non sono vestite da quartetto d'archi alternativo come l'altra volta, ma sono vestite come 4 bambine, con vestiti colorati e sbarazzini. il concerto prosegue, pezzi coinvolgenti come glosoli fanno accapponare la pelle, e poi spunta la banda! una banda di fiati, anche questi conciati come i drughi di arancia meccanica.
c'è molto kubrik nell'impianto scenico dello show. c'è molta emozione nei pezzi dei sigur ros, che tra chitarre suonate con l'arco, percusioni, suoni, archi, trombe e tromboni, sono diventati veri e propri compositori. dai momenti più toccanti, fino alla evoluzione che li porta, con questo ultimo disco, che presentano nel concerto, a distaccarsi sempre più dai loro suoni classici e alieni, per inserirsi nella linea indie rock in maniera molto personale e originale. momenti alla animal collective, per terminare con il crescendo alla mogwai in cui i nostri, peraltro polistrumentisti, tutti suonano tutto, compreso lo xilophono, si lasciano andare quasi al noise...
un'esperienza. anche l'altra volta lo fu, ma solo musicale. questa volta, la musica è accompagnata da un insieme colorato che tocca i sensi e fa avvicinare di più, se è possibile, alla sensibilità artistica di questi 4 folletti del nord, che ci raccontano storie, come i bambini, in una lingua sconosciuta, che sa di acqua, aria, terra e fuoco.
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