atteso come film rivoluzionario, il nuovo film di chrstopher nolan con leonardo di caprio è curioso. non ha un inizio. e come viene ripetuto più volte nei dialoghi, ti rendi conto di essere in un sogno solo quando non ricordi come hai fatto ad arrivare nel posto in quel modo.
io, sinceramente, di sogni così realistici non ne ho mai fatti.
sogno o realtà? la vita è sogno? viviamo nel sogno di un sogno di un sogno? quanti sogni dei sogni dobbiamo fare per arrivare nel profondo? quanti livelli dobbiamo scendere con gli ascensori della mente?
di caprio è bravo, non c'è nulla da dire. il film ti tiene incollato per più di due ore di azione. i passaggi sono estremamente confusi (come nei sogni?), le spiegazioni non si capiscono...
le domande sui perchè quel personaggio si è ritrovato lì in quel momento sono molte, così come l'idea di base, quella dell'entrare nei sogni degli altri per "rubare" delle idee, mi pare vagamente superficiale. chi sogna chi? che ruolo ha l'architetto? quante persone sognano nel film? è tutto un sogno?
per definire il film utilizzerei le parole che elio ha usato per definire nevruz, il suo concorrente che ha stuprato smells like teen spirit nella scorsa puntata di xfactor: è un film sempre in bilico tra la catastrofe e il trionfo.
aggiungerei: è un film sempre in bilico tra la minchiata e il capolavoro.
la torino che conosco io, quella degli anni 90, è una città triste e severa, che nascondo nei suoi meandri una vita underground: ai murazzi non c'è niente se non giancarlo e il csa, in piazza vittorio c'è il caffè elena che è un bar da vecchi, i ragazzi vanno a ballare all'area e quelli più grandi al big, e poi al palace. c'è la lega dei furiosi, la zona tre galli non esiste, il quadrilatero romano è infrequentabile, san salvario è luogo di battaglie razziali. si va a bere al cammello, o alla birreria cairoli.
la torino che racconta culicchia è quella degli anni zero. ed è un'evoluzione di cui si vedevano i germi negli anni 90. la città di questo libro è quella post olimpiadi. è la torino da bere nata tra la fine dei 90 e gli inizio degli 00. è una città inondata di droghe, esteriore, fintamente felice, trendy, radical-chic fino al grottesco. una città in cui ogni weekend c'è una notte bianca, ogni giorno un vernissage, ogni settimana una festa ai muri a suon di droga e alcool. una città in cui l'alleanza tra politica e imprenditoria delle costruzioni gestisce la città. una città da basso impero, senza sette sataniche, ma con orge a cui partecipano dj e assessori, ricchi imprenditori e personaggi della "cultura". ci sono samuel e boosta con la lessa, la littizzetto con il tizio degli africa unite, la herzigova, davide ferrario, culicchia e figli di notai, dentisti, primari, politici.
una città come le altre grandi città italiane. come roma, come milano. sviluppo finto, vuoto culturale, politica dell'immagine. privilegi, mazzette, droga. notti bianche.
disorientati, i giovani torinesi descritti da culicchia, girano a vuoto. serate ai muri, frangette, tatuaggi poco sopra il culo, finti alternativi.
i germi di questa roba si vedevano già negli anni 90. figli di ricconi abbandonati a loro stessi in villoni della pre-collina, già allora drogati, fatti di acidi e canne, con genitori dediti alla meditazione in tibet, ma schiavi del lusso. ex-sessantottini, reduci da matrimoni sfasciati, nobili in decadenza, cortigiani della famiglia agnelli. questo strano intrigo tra intellettuali, case editrici, operaismo chic, alta borghesia aristocratica, è sboccato, dopo l'arrivo del dams, della film commission piemontese, delle olimpiadi, della scuola holden, in quello che è ora, vomitando tutti i difetti di un mondo plasticoso e vuoto. sviluppo apparente, nessuna base sociale costruita. nessuna identità emersa nella città, dalla città, in seguito al crollo della fiat. l'unica alternativa: assomigliare a milano. il lapoelkanismo portato all'assurdo permea torino in ogni sua manifestazione sociale, politica, culturale.
il libro è triste, grottesco, a tratti comico nella sua tragicità. nel retro di copertina si parla di un quadro di bosch di una metropoli (anche se torino non è una metropoli) italiana. vero.
eccessivo e apocalittico, comunque molto vicino alla realtà, gc descrive un mondo che conosciamo bene, e che si rivela ogni giorno sui giornali, nelle nostre vite.
da fuori, il mio legame con torino è diventato viscerale, come se fosse una parte di me, che mi piace e mi disgusta contemporaneamente. affascinante, magica, perversa. anche semplicemente, un buco di culo da cui scappare.
non so se marco mengoni oppure giuliano sangiorgi.
non saprei quale dei due smuove di più i miei nervi e mi spinge a prendere quella spranga di ferro che conservo, in attesa di qualche ladro, nel ripostiglio delle scope, per dimostrare che i due anni di kung fu che ho fatto negli oramai lontani anni zero hanno prodotto una vera macchina da guerra umana.
la spranga di ferro potrebbe distruggere il televisore e liberarmi dal tormento di questi due.
non so se mi danno più fastidio quei guantini neri, quella camicia sbottonata, quei jeans attillati di giuliano sangiorgi oppure quel fare da parrucchiere gay milanese, quelle sue faccette, quei difetti di pronuncia che gli fanno dire "re maccio" invece di "re matto", per provocare poi il disastro linguistico nel dire "ciuccio" invece di "tutto". cazzo. il suo insegnante di dizione gli deve aver detto di battere la T.
non so se odio di più i gorgheggi senza senso di sangiorgi oppure le variazioni inutili e vezzose di mengoni.
mi viene da disprezzare la musica italiana. e mi viene da dire: mondo cane mondo pane, come dice lorenzo jovanotti, ma che è!
e siccome tra i due litiganti, il terzo gode, dico che rispetto a questi due preferisco le parole a caso, il cattocomunismo, la retorica idiota di lorenzo jovanotti.
quest'anno, nel corso delle vacanze, ho imbroccato solo libri che mi sono piaciuti, in media, qualcuno di più e qualcuno di meno.
ho fatto molte riflessioni sul mio stile di lettura, caotico, veloce, forse un po' superficiale. forse sono solo un disordinato mentale, ma le storie mi rimango impresse. cerco di approfondire a posteriori, perchè troppa è la fretta di finire un libro che mi piace. poi ci ritorno.
skippy muore di paul murray: sulla copertina c'è scritto: tra il giovane holden e donnie darko. massimo coppola, direttore editoriale di isbn che pubblica il libro, ha cacato fuori dal vaso, perchè sono lontani i barlumi di questi riferimenti. però la storia è bella. è lunga. è una storia d'amore e sfiga. anche di ribellione. un po' epica, nel senso fantasy del termine, molto vicina a noi. c'è l'irlanda in sottofondo. ci sono nuvoloni grigi, pioggia, collegio e uniformi scolastiche. c'è anoressia e autodistruzione, c'è follia creativa. se fossi stato come tremonti con i tagli alla cultura, gli avrei tagliato indiscriminatamente almeno 100 pagine. ma non lo sono, e quindi gliele lascio.
una parte del tutto di steve toldz: lo intitolerei più efficacemente il tutto di tutto. perchè c'è di tutto in questo libro. ci sono storie parallele e flashback. viaggi e domande. caos disciplinato da una storia assurda ma quasi credibile. soprattutto c'è "filosofia" a pioggia. certe volte un po' spiccia, qualche volte troppo fondata sulle citazioni. sul citare e farsi citare. sono almeno una cinquantina le frasi da sottolineare in questo libro. e che vorresti ripetere. ricordarti. citare appunto. questo è forse anche un difetto. ma l'ironia feroce è molto coinvolgente, e, sinceramente, non pensavo che un australiano sapesse scrivere così. pregiudizio mio: pensavo, inconsapevolmente, che l'oceania fosse talmente lontana da essere quasi inesistente. nelle persone, anche negli autori. lontana e insignificante. con una grande natura ma poca "cultura", a parte quella aborigena. è il nuovissimo continente. fatto di exdetenuti, di pollyanna e lucy may. no. non è così. e questo libro lo dimostra. "c'è il teatro. poi c'è il teatro amatoriale. poi c'è un gruppo di persone che si incontrano per caso al buio su un palcoscenico e ti fanno pentire, a te spettatore, di essere nato". ecco, a memoria, ho citato. e non ho fatto onore all'originale.
il maestro e margherita di bulgakov: ok, ci sono arrivato tardi. questi sono i libri che si leggono a 17 anni. e invece io l'ho letto quest'estate. meglio tardi che mai. e sono rimasto sconcertato nel leggere un libro che se fosse stato scritto 10 anni fa, avrebbe potuto "rappresentarlo" david lynch. oppure tiziano sclavi. è un libro iconografico. il diavolo, il gatto nero, le streghe. il nano cattivo. il gran guignol, il grottesco. dylan dog. è un libro così fantasioso da superare ogni barriera temporale, di attraversare il faust di goethe per arrivare a mulholland drive. odiato dai regimi, comunisti in particolare, è un libro che mi ha fatto collocare le immagini con cui ho vissuto dai 10 anni ad ora in un contesto storico culturale. non è mai troppo tardi.
molto forte, incredibilmente vicino di jonathan safran foer: indubitabilmente pop. costruito per essere un best seller. annoiato a morte dal film tratto dal suo libro ogni cosa è illuminata, lo ho sempre tenuto lontano. alla fine, lo leggo. ed è indubitabilmente pop e costruito per essere best seller. ma. raffinato. intelligente. leggero. ironico. letterariamente interessante. un po' nelle nuvole, volontariamente. una bella scrittura. la storia. la guerra. la diaspora ebraica. l'11 settembre. l'infanzia e la vecchiaia. la vita e la morte. trattati con eleganza e con quel tanto di presunzione da non farlo essere antipatico. si beve in poco tempo, fa ridere e fa anche scendere la lacrimuccia. sarò io che sono pop? sapete che c'è? mi leggo ogni cosa è illuminata e poi decido. ma il libro che mi dovrebbe convincere a non mangiare la carne che ha scritto lui da buon autore indie-pop-kosher-vegano, manco scannato.
il potere del cane di don wislow: che libro ragazzi. tutto d'un fiato la storia del narcotraffico messicano e sudamericano. i rapporti con gli stati uniti, la cia, i federales. il vaticano e la teologia della liberazione. preti e assassini che dialogano con agenti segreti, boss della mafia italoamericana che si alleano con killer irlandesi. le rivoluzioni comuniste in america latina e il ruolo degli stati uniti, raccontato dall'interno, da molti punti di vista. una storia che attraversa circa 20 anni, dai primi 80 fino alla fine dei 90. con un linguaggio tagliente, violento, secco, quasi tutto al presente. un racconto feroce raccontato come se fosse narrato da un cantastorie. soffocante, inaccettabile certe volte. ma non te ne stacchi, mai. è il potere del cane.
e come è tradizione, ecco qui le candidate alla canzone dell'estate 2010!
cesare cremonini - mondo: non male, ma sarebbe stato meglio che lorenzo jovanotti fosse rimasto a casa sua anzichè dire parole a caso nella canzoncina, anche perchè dire "mondo cane, mondo pane" proprio non c'entra un cazzo...
stromae - alors on danse: per me pezzo dell'estate; quasi a livello della dance anni 90, con in più quel francese scazzato che ci piace un po' a tutti. pompa tantissimo.
yolanda be cool - pa pa l'americano: rivisitazione dance di tu vuo' fa' l'americano, coatta come pochi altri pezzi MAI sentiti, sta benissimo nei salotti della de filippi e sulle gambe di tronisti e troniste.
rihanna - te amo: grande pezzo soul dance, rihanna rimane una delle negre urlatrici preferite, seconda solo a beyoncè.
shakira - waka waka: inno dei mondiali, non può che ricordare la disfatta della nostra nazionale oltre ad avere un video che è praticamente una presa per il culo dei negretti africani...la prossima volta una cantante africana, please...
katy perry feat. snoop - california gurls: poppettino orecchiabile, non della forza di altri pezzi, ma non terrificante come la media del pop estivo all'italiana.
lady gaga - alejandro: forse la peggior performance musicale della neo-madonna italo americana; alejandro, roberto o chi cazzo è?
lady gaga feat. beyoncè: grande pezzo grande video, scuola del pop dance del 2010.
fabri fibra - vip in trip: divertente pezzo con rivisitazione del video dei clash, con un grande dargen d'amico nei panni del palestinese.
noto con piacere che i pezzi italiani sono pochissimi....