24.11.08

cinars 2008



cinars 2008 - conference international des artes scéniques. ecco cosa significa.

il cinars non è un festival. è una fiera. il festival punta a mostrare il lavoro artistico dei creativi. la fiera punta a vendere i prodotti artistici.

in nordamerica, l'atteggiamento verso lo spettacolo (e la cultura) è business. se questo sia un male e/o un bene, è molto complesso dirlo. tendenzialmente sono portato a pensare che sia un bene. ma anche no. cercherò di essere più chiaro fra poco.


comunque, dato che si tratta di business, il concetto di festival "all'europea" è piuttosto estraneo.
cinars raccoglie operatori da tutto il mondo. ci si incontra a montreal, quebec, e si instaurano rapporti, costruiscono progetti, ipotizzano coproduzioni internazionali. è un punto di incontro per operatori, non per artisti.

si vedono anche spettacoli, o meglio, showcases: piantati dentro un teatro si assiste a 4 spettacoli alla volta, in estratti da mezzora ciascuno. un grande mercato dello spettacolo dal vivo, danza, musica, circo, arti multidisciplinari, teatro, con tanto di stand per le compagnie che "espongono" i loro prodotti.

è la seconda volta che ci vado. e nella mia piccola esperienza, il business si conciliava molto bene con l'arte. era il 2004, anno di spettacoli strepitosi: dal cirque eloize a les 7 doigts de la main, da holy body tattoo a linda gaudreau, da la helene blackburn ai lemieux, a cabaret decadanse.

danza, circo e teatro si fondevano in una realtà nuova che dava origine a una forma spettacolare e artistica innovativa, inesistente in europa.

a 4 anni di distanza le cose sembrano cambiate molto. non tanto per l'impostazione business, che rimane imponente, ben organizzata, competente (gli incontri con i rappresentanti del ministero della cultura e degli affari esteri sono deprimenti per un italiano: due uffici preposti alla diffusione della cultura canadese nel mondo, ognuno con un proprio responsabile per ciascuna arte, danza, teatro e arti multidisciplinari - persone chiare e competenti...proprio come da noi). insomma, avanguardia organizzativa.

purtroppo, dal punto di vista culturale e creativo, invece, deve essere successo qualcosa di devastante, perchè, su 25 spettacoli visti, 3 soli erano degni di un minimo interesse, ma neanche così straordinari da preparare le condizioni di una "importazione".

i 3 erano i soliti cirque eloize, les 7 doigts de la main e la compagnie flak (danza). i primi poetici e teatrali (anche se un po' sempre la stessa pippa), i secondi dissacranti, pop, peccaminosi, divertenti, i terzi concettuali, avant-gard, emotivi ed emozionanti, di grande impatto visivo.

per il resto, ballerine cubane gnocche ma trash, racconti imbarazzanti provenienti dalla costa pacifica del canada (van-kong, come è chiamata vancouver per le recenti immigrazioni massicce dalla cina), circhi finto tecnologici, ballerini imbarazzanti.

cosa è successo? che il business abbia prevaricato l'aspetto artistico e culturale del cinars, che comunque più che altro porta artisti canadesi al cospetto del mondo, anche snob, della cultura spettacolare?

non mi sono ancora dato una risposta. non capisco.

è come se gli stati uniti nella loro versione più bassa e nazionalpopolare avessero invaso i cugini tendenzialmente più colti, più profondi, più "civili".

è come se la decadenza culturale ed economica dell'occidente degli ultimi 10 anni si fosse espansa ormai ovunque.

siamo all'apice della crisi economica mondiale, e le roccaforti della cultura vengono piano piano smantellate. abbattute e poi riedificate, altrove però. lontano dal nostro mondo.

l'europa segue questa devastazione politico-economica, e prima di tutto, dico io, culturale. salvo alcuni casi di eccellenza che mantengono salde delle certezze.

ma il futuro si costruisce ripartendo dalla cultura. cultura e scuola, dico, sono le due ancore di salvezza. una cultura, una scuola, che insegnino la diversità e il multiculturalismo. almeno riusciremo a mantenere il passo con i luoghi dove veramente si svolgerà tutto: india e cina. lo so, banale, ma è così.

occorre rivedere l'impostazione della divulgazione della cultura europea, e occidentale. occorre che gli artisti aprano gli occhi su quello che sta accadendo nella società contemporanea. bisogna guardare al medioriente, all'estremo oriente. bisogna recepire la trasformazione del mondo che sta avvenendo. tra poco, cultura occidentale, europea, nordamericana, sudamericana, cinese o indiana, non ci saranno più. ci sarà una cultura umana universale, che avrà dentro di sè tutti gli elementi di quello che erano le "identità nazionali".

solo la cultura, e alla base la scuola, possono guidare questa trasformazione in modo pacifico, e sano. dobbiamo capirlo noi, gli artisti, i politici, i cittadini.

ho divagato. pardon.

ma tutto ciò era per dire che il prossimo festival, o fiera, a cui andrò fuori dall'europa, sarà a shanghai, o a pechino, o mumbai.

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