27.1.08

into the wild

aspettative.

gli amici economisti ci possono spiegare quale importanza fondamentale rivestano le aspettative nelle previsioni economiche.

le aspettative possono cambiare un mercato. e possono rovinare qualunque situazione. o migliorarla.

carico di aspettative sono entrato nel cinema per godermi into the wild, di sean penn, che adoro, come attore e come regista. la promessa mi era piaciuto tantissimo, sebbene ultra-nichilista.

sono uscito dal cinema con un lieve velo di delusione, e, posso dirlo?, un po' di incazzatura.

vediamo un po'. il giovane christopher abbandona la famiglia borghese, dopo un'infanzia dura, di dolore in parte nascosto e in parte evidente. il contrasto col padre severo, l'ignavia di una madre depressa, una sorella come complice.

christopher cambia identità e cerca se stesso nel viaggio. il film si sviluppa in capitoli, che iniziano con "la nascita" quando lui scappa, per seguire tutte le tappe della sua nuova esistenza.

il personaggio evolve. all'inizio si tratta di un ragazzino viziatello, insopportabile, saccente, presuntuoso. lentamente cambia, prende coscienza della vita, dell'importanza dei rapporti. ma mai perde la sua caratteristica: essere il depositario della verità. lui sa quello che è giusto e la sua ricerca è quella giusta. la verità sta nei rapporti semplici, con gli hippie, con i vecchi buoni, con le ragazze vergini, con un popolo derelitto che viene rappresentato molto bene.

lentamente, il personaggio cambia. e diventa una sorta di cristo moderno. il rapporto con la natura lo purifica, l'ascesi lo migliora, la sua parola cambia la vita delle persone che incontra.

dunque, la ricerca solitaria si rivela lentamente inutile a favore della necessità dei rapporti umani e, nel capitolo denominato "l'età della saggezza", succede il casino. non c'è via d'uscita. il nichilismo, che si trasforma poi in una consapevolezza forte dell'importanza dei rapporti, ribalza fuori, in più con una connotazione religiosa piuttosto insopportabile. dopo averci fatto capire che alla fine non tutto è merda, sp scaraventa tutto all'aria e ci segnala che l'unica via d'uscita è dio. non posso dire di più per non raccontare il film.

mi sta bene tutto, davvero. il ribellismo gratuito antipaticamente adolescenziale; il buonismo della maturità con gli hippie e i vecchi; la ricerca della felicità attraverso la distruzione dei ponti con la società borghese; l'ascetismo depressivo che ti fa riscoprire l'importanza degli affetti. tutto bene. alla fine l'immagine che viene fuori è quella di un ragazzo che è un poverino, depresso, forse un po' frocio, che cerca una sua identità. lo siamo stati un po' tutti, così. io volevo fare il barbone, scappare, come lui. ero depresso. frocio no. ma cercavo una mia identità, che ancora non ho trovato fino in fondo.

ma la morale religiosa, per cui solo tu hai la verità e me la devi spiegare e convincere che hai ragione, mi sta veramente sul cazzo. per di più con una venatura, evidente, di scoutismo.

badiamo bene: io sono molto severo per via delle aspettative di cui parlavo sopra, che portano a distruggere anche ciò che è bello. e questo è un buon film, ben recitato, ben raccontato, ben diretto, in certi momenti emozionante, con una bellissima fotografia, immagini degli usa meravigliose, uno strepitoso eddie vedder che ci regala canzoni alla neil young molto belle. insomma, mi è piaciuto. ma le aspettative non si sono realizzate.


ma com'è che sp è diventato catto-comunista?!?!

1 commento:

Anonimo ha detto...

ma dov'è questo cattocomunismo? sinceramente io non ci ho poprio pensato. sarà che per me, ultra materialista, i cieli stellati o i raggi di sole non sono mai segni divini ma solo cieli stellati e raggi di sole. certo che alla fine il protagonista vede davanti a se certe immagini: sta morendo in mezzo al nulla, tra alberi, neve e un sole accecante, cos' altro dovrebbe vedere, la vita che gli scorre accanto al rallenty ? dunque questa vena religiosa io non l'ho proprio avvertita. forse una sorta di misticismo, ma LAICO, per la natura e le sue seduzioni. forse un tono nostalgico un po' invasato per i padri fondatori di un pensiero naturalista tipicamente americano ( thoreau, london ) ma consapevole dei propri limiti e per questo affiancato da tolstoj. forse quell' ingenuità che fa si che per un americano siano sufficienti un paio di birre e di liti tra genitori per creare un'infanzia difficile.
il film ha i suoi limiti, che sono però solo l'altra medaglia dei suoi pregi: un affresco di cultura e di personaggi americani che hanno contribuito a creare un vasto immaginario oltre che notevoli espressioni artistiche. per quello che vale, secondo me è molto bello. e io non sono proprio una fissata con la natura. sono belli i personaggi, le loro storie di dolore e solitudine, bello l'egoismo con cui il protagonista se le lascia tutte dietro in nome di un fevrore che può essere solo adolescenziale. è un romanzo di formazione e va inteso in questo senso. la morale, se proprio bisogna cercarla, è che in linea di massima i giovani sono fomentati e sussiegosi, spesso un po' scemi e convinti che quei due libri che hanno letto siano sufficienti per ergersi al di sopra di chi ha lavorato e faticato per permettergli di leggerli. i vecchi, gli adulti, con le loro ferite, sanno come sapeva il coro tragico greco e sorridono amaramente di tanta ingenuità. non tutto ciò che è giovane, forte, bello e puro è anche buono e utile. in questo sp per me è anzi rivoluzionario, altro che cattocomunista.
capisco il discorso sulle aspettative, maledette loro. a causa delle aspettative ieri per la prima volta in vita mia ma ne seono andata da teatro a spettacolo in corso...