portishead - third
Mamma mia ritornano i Portishead! Quando l’ho scoperto, mi sono spaventato da morire. Spesso queste rentrèes sono tristi, ripetitive, manieriste. Mai avrei voluto ascoltare un nuovo lavoro dei Portishead invecchiati e rimasti legati a un’idea musicale di 10 anni fa. Chi può dimenticare cosa rappresentò Dummy nel 1994? Quel mix incadescente di jazz, hip-hop, dub, che poi venne battezzato frettolosamente trip-hop, senza considerare che si trattava di ben più che un movimento temporaneo; ma era una linea musicale nuova, che avrebbe influenzato la musica inglese e non, a partire dai Massive Attack, passando per Tricky; e che affonda le radici in musiche cinematografiche portandoci fuori dallo spazio definibile. Third è il nuovo lavoro. Non è questo un disco che rivoluziona il futuro della musica, ma è complesso e inaspettato da musicisti come i Portishead. Rimane l’elemento downtempo, che caratterizza la ritmica, fondamento del disco, e la spettrale voce di Beth Gibbons, unico vero legame con Dummy e il passato. Per il resto, Third spazia in mille universi paralleli. Rimane la cupezza di fondo dei suoni che sono però vari, poco prevedibili e “suonati” con tanto di chitarre. Spiazzano, i Portishead. Saltano tra i generi, dal folk all’industrial dark, mescolano, sperimentano, guidati dalla Gibbons, che cuce come una raffinata sarta i vari tessuti musicali. Un grande e piacevole ritorno.
il video è di machine gun.
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