la trilogia della villeggiatura - regia toni servillo
qualche tempo fa, in un commento a un mio post su ronconi, qualcuno mi chiedeva che tipo di teatro mi piacesse vedere.
ecco, la trilogia della villeggiatura è un tipo di teatro che mi piace vedere.
questo spettacolo è una lezione su come fare il teatro "di tradizione" in modo contemporaneo. d'altronde, la stessa lezione servillo la aveva data con sabato, domenica e lunedì di eduardo, se vogliamo considerare eduardo teatro "di tradizione". e poi anche con marivaux.
qui, ci si scontra però con un testo italiano. di 300 anni fa. il livello di difficoltà per chi interpreta e fa la regia, sale.
la lingua e l'interpretazione sono le due cose più interessanti dello spettacolo. quindi il ritmo e l'allestimento. la recitazione svecchia la lingua. l'interpretazione contemporaneizza gli atteggiamenti dei personaggi.
è uno spettacolo tarato sul comico, quindi si ride, e molto. tutta la compagnia, folta, numerosa (beato il piccolo di milano che ha tutti i soldi del mondo, e chissà adesso con l'expo), funziona come una macchina da guerra. ciascuno ha i suoi momenti.
le donne, che guidano il gioco, sono strepitose, adorabili stronze. gli uomini variano dall'alloccaggine al rincoglionimento...va fatta una menzione per tommaso ragno, che di solito mi piace pochissimo, ma che invece qui copia talmente bene carlo cecchi che funziona alla grande. e una menzione anche va naturalmente all'interpretazione di servillo, il più stronzo cinico di tutti, che con gli occhiali da sole tondi regala l'immagine migliore dello spettacolo.
si, perchè di cinismo borghese parla questo testo. è inutile che mi metta a fare il filologo goldoniano perchè non ne sarei capace. ma questa versione della trilogia rende così vicina a noi quella stronzaggine borghese, quella vita legata a rapporti umani apparenti, che goldoni si avvicina alla contemporaneità di fausto paravidino...(beh, non esageriamo...anche se la brevità comica delle battute di le smanie...e paravidino ne deve mangiare di polvere prima di arrivare a questo livello di drammaturgia). la vita rinchiusa dentro uno schema per cui bisogna sposarsi, bisogna avere quel vestito, bisogna andare in villeggiatura (vacanza) in quel posto è così vicina a noi, raccontata in questo modo, che, dico, magari un autore veramente contemporaneo e italiano sapesse tradurre in drammaturgia teatrale i vizi, le schifezze, i cinismi, le tenerezze anche del ceto borghese del 2000, che esiste ancora, molto forte.
l'amore che cede alle logiche razionali di casta. l'intellettualismo e l'attaccamento al denaro che deprimono ogni slancio emotivo. questo è goldoni. e questo rende servillo. in modo gradevolissimo e profondo.
il cinema italiano, in alcuni casi, rari, riesce a raccontarci questo tipo di storie. il teatro, no. perchè? domanda senza risposta.
uno spettacolo bellissimo.
ecco, la trilogia della villeggiatura è un tipo di teatro che mi piace vedere.
questo spettacolo è una lezione su come fare il teatro "di tradizione" in modo contemporaneo. d'altronde, la stessa lezione servillo la aveva data con sabato, domenica e lunedì di eduardo, se vogliamo considerare eduardo teatro "di tradizione". e poi anche con marivaux.
qui, ci si scontra però con un testo italiano. di 300 anni fa. il livello di difficoltà per chi interpreta e fa la regia, sale.
la lingua e l'interpretazione sono le due cose più interessanti dello spettacolo. quindi il ritmo e l'allestimento. la recitazione svecchia la lingua. l'interpretazione contemporaneizza gli atteggiamenti dei personaggi.
è uno spettacolo tarato sul comico, quindi si ride, e molto. tutta la compagnia, folta, numerosa (beato il piccolo di milano che ha tutti i soldi del mondo, e chissà adesso con l'expo), funziona come una macchina da guerra. ciascuno ha i suoi momenti.
le donne, che guidano il gioco, sono strepitose, adorabili stronze. gli uomini variano dall'alloccaggine al rincoglionimento...va fatta una menzione per tommaso ragno, che di solito mi piace pochissimo, ma che invece qui copia talmente bene carlo cecchi che funziona alla grande. e una menzione anche va naturalmente all'interpretazione di servillo, il più stronzo cinico di tutti, che con gli occhiali da sole tondi regala l'immagine migliore dello spettacolo.
si, perchè di cinismo borghese parla questo testo. è inutile che mi metta a fare il filologo goldoniano perchè non ne sarei capace. ma questa versione della trilogia rende così vicina a noi quella stronzaggine borghese, quella vita legata a rapporti umani apparenti, che goldoni si avvicina alla contemporaneità di fausto paravidino...(beh, non esageriamo...anche se la brevità comica delle battute di le smanie...e paravidino ne deve mangiare di polvere prima di arrivare a questo livello di drammaturgia). la vita rinchiusa dentro uno schema per cui bisogna sposarsi, bisogna avere quel vestito, bisogna andare in villeggiatura (vacanza) in quel posto è così vicina a noi, raccontata in questo modo, che, dico, magari un autore veramente contemporaneo e italiano sapesse tradurre in drammaturgia teatrale i vizi, le schifezze, i cinismi, le tenerezze anche del ceto borghese del 2000, che esiste ancora, molto forte.
l'amore che cede alle logiche razionali di casta. l'intellettualismo e l'attaccamento al denaro che deprimono ogni slancio emotivo. questo è goldoni. e questo rende servillo. in modo gradevolissimo e profondo.
il cinema italiano, in alcuni casi, rari, riesce a raccontarci questo tipo di storie. il teatro, no. perchè? domanda senza risposta.
uno spettacolo bellissimo.
1 commento:
Appena visto. Davvero una bellezza. Ora provo a scrivere qualcosa anche io (con tutti i miei limiti).
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